AGNONE. Mi sono chiesta più volte l’utilità che poteva avere il far pubblicare una
mia lettera su un giornale. Far pubblicare una lettera in cui si chiede
aiuto; una lettera scritta dalla madre di un ragazzo definito dalla società
un delinquente. L’essere madri, però, porta a compiere delle scelte, giuste
e sbagliate, ma sempre nel tentativo di proteggere l’unica cosa che non si
compra, l’unica cosa che nessuno potrà regalarti: l’amore di un figlio.
Sono queste le motivazioni che mi hanno spinta a rendere pubblico il mio
dolore e ad esternare la mia rabbia verso quella società che è pronta a
giudicare ma che non fa nulla per offrire un’opportunità di riscatto.
Mio figlio, a soli 22 anni, è rinchiuso in un carcere. Sta scontando la sua
pena per gli eccessi compiuti e per la vita, fino ad adesso, condotta. Mio
figlio, però, sta in carcere anche per scontare un’altra pena di cui
sicuramente non ha colpa, quella di essere cresciuto in una famiglia che,
fin dal suo arrivo in Agnone, è stata additata come pericolosa. È stato così
che, dall’età di 14 anni, mio figlio è stato costretto a denudarsi in piazza
per essere sottoposto a perquisizioni, a perdere gli amici “puliti” che con
il suo carattere era riuscito ad avere, ad abbandonare la scuola che
frequentava con buoni risultati e ad entrare nel tunnel della droga che crea
false speranze ad illusioni.
In questi anni, per tutto, Agnone ha avuto un colpevole: per i furti, per lo
spaccio, per le risse, per le morti di overdose, per la prostituzione. Se
tutto questo è stato in grado di fare mio figlio allora, lui per primo, si è
fermato a metà del guado non riuscendo a guadagnare come, invece, altri
fanno sotto gli occhi di tutti. Ma mio figlio era diverso. Noi siamo una
famiglia diversa. Noi siamo persone che non meritiamo comprensione ma che
vanno annientate con ogni mezzo ed a qualunque fine: sia esso il salvare la
reputazione delle famiglie “per bene”, sia esso il trovare per forza un
colpevole diverso ai guai ed alle tragedie che distruggono le famiglie, sia
esso il poter fare carriera.
Ma io mi chiedo e vi chiedo: siete sicuri che la droga ad Agnone non c’è mai
stata? Siete sicuri che ad Agnone i furti non siano mai stati commessi?
Siete sicuri che ad Agnone non si sia mai parlato di prostituzione? Siete
sicuri che Agnone poteva definirsi isola felice? Se di tutto questo siete
sicuri allora dormite pure sogni tranquilli, la belva è rinchiusa in gabbia
e non verrà a turbare la serenità delle vostre famiglie. Se però, com’è
vero, di questo non siete sicuri allora non cercate in persone esterne il
capro espiatorio, non puntante con facilità il dito, ma interrogate la
vostra coscienza perché, sicuramente anche voi, come me, avrete fatto delle
scelte giuste o sbagliate per l’amore dei vostri figli.
Concludendo la mia lettera, e scusandomi con voi per lo sfogo, vorrei fare
un appello. Un appello che non è diretto alla richiesta di soldi o di lavoro
perché siamo una famiglia abituata a lottare quotidianamente. Vi chiedo
solo di trattarci come tutti gli altri. Anche ad ignorarci come tutti gli
altri. Il mio desiderio è poter passeggiare un giorno per il corso, magari
sotto braccio a mio figlio, senza sentire in sottofondo i commenti delle
persone. Quei commenti che feriscono e che servono solo per lavarsi una
coscienza che è terribilmente sporca.