Ma quale sinistra

Sergio Sammartino
08/03/2018
Attualità
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La sinistra è in crisi non solo in Italia, ma in tutta Europa, anzi in tutto l’Occidente.

Questo, a ben guardare, dipende da due ragioni parallele:

 

  1.          A causa dei mutamenti strutturali della società occidentale, ed anche delle presunte falle dei sistemi di stato sociale (in realtà dovute alla degenerazione in stato “clientelare”), la Sinistra ha smesso di fare ciò che è alla base della dottrina socialista: redistribuzione del reddito. Basti dire che i governi di sinistra non hanno osato promulgare una tassa patrimoniale una tantum per risanare il debito pubblico. In questo somigliano tanto a quel socialista in camicia nera che fu Benito Mussolini, il quale promise a Nenni, nel ’26, che avrebbe fatto “un socialismo senza socialisti”. Se non che, come Nenni aveva previsto, poi non riuscì a fare neppure la riforma agraria promessa agli stessi combattenti che lo avevano portato al potere; e ciò sebbene avesse in mano uno strumento potente come la dittatura. Evidentemente, oggi come allora, toccare i Poteri Forti è molto sconsigliato.

Se non che, quando la sinistra non fa socialismo e non redistribuisce il reddito, rimane un vacuo libertarismo (persino dannoso, come vedremo al punto 2), un buonismo flaccido, una astratta “democrazia” (alla Clinton) … che al Popolo non frega, anche perché nel nostro emisfero la democrazia oramai è scontata. Ed ecco allora che le classi disagiate preferiscono votare formazioni neo-nazionaliste che almeno promettono di proteggere il lavoro interno (vedi elezioni Trump – Clinton) dalle sfide della globalizzazione (ossia del Capitalismo Internazionale).

 

  1.       I problemi che hanno investito le società occidentali nell’ultimo trentennio sono problemi “di destra”, nel senso che le destre hanno più possibilità di affrontarli in modo deciso e drastico, incontrando e soddisfacendo le reazioni viscerali delle masse. Esempio per tutti, il problema dell’immigrazione massiccia e caotica che, inevitabilmente, spaventa e infastidisce proprio le classi sociali storicamente attratte dalle sinistre.

Ma – attenzione ! – non è vero che questi problemi sono necessariamente affrontabili solo da Destra, e che la Sinistra debba rassegnarsi a chinare il capo, oppure ad opporre un vacuo lassismo che attira le ire di tanti.

Il problema è che sin dal dopoguerra, nell’Europa occidentale ogni richiesta di ordine è stata interpretata come vicina alle nostalgie fasciste.E, specie dopo il ’68, la Sinistre hanno via via abbandonato l’originario rigore giacobino, per lasciarsi contagiare da un umanitarismo radicaleggiante e romanticoide, lontano dalla cruda realtà, che pretende di risolvere certi problemi – quelli della sicurezza come quelli dell’economia - con un ottimismo facilone e sognante, degno del peggior cattolicesimo ireneo.

Ciò ha seminato la certezza che per ottenere sicurezza si debba ricorrere alle Destre.

Questi allarmi, il sottoscritto li lanciava già ai primi anni ’90, nei convegni del Partito Socialista. La Sinistra si è lasciata riformare da questo romanticismo irrazionale e irrealista, e non ha più educato i suoi seguaci ad una visione spietatamente economica della realtà, di cui, peraltro, sono pieni i testi di Marx. Mi basti qui ricordare che un vecchio socialista antifascista e partigiano come Luigi Preti, trascorse gli ultimi anni a scrivere sull’ “Avanti!” articoli allarmati sull’immigrazione incontrollata.

La verità è che – al di là di ogni facile “volemose bene” - esistono delle possibilità economiche che non si possono valicare. Esempio: facciamo l’ipotesi che l’ Italia possa permettersi – diciamo - 100 ospedali, mantenuti dalle tasse di 60 milioni di cittadini. A un certo momento arrivano altri tot milioni di soggetti passivi, che non partecipano al mantenimento di quegli ospedali (perché non sono inseriti nel tessuto produttivo della nazione), ma se si ammalano devono essere ricoverati lo stesso. Il sistema ospedaliero collassa. Punto e basta. Il razzismo non c’entra nulla: si tratta di pura, matematica economia. Lo stesso dicasi per il sistema della sicurezza e della sorveglianza poliziesca.

Ora, che, ad esempio, in Germania i giovani socialisti creino problemi al partito perché pretendono una maggiore larghezza sull’immigrazione, dipende proprio dal fatto che sono cresciuti in questo cultura leggera da “nuova Sinistra” (“nuova” per modo di dire; risale, lo abbiamo detto, al clima sognante del ‘68). Quei giovani non hanno il senso della realtà economica dura e cruda.

Sia chiaro: che si desideri aiutare tutti i sofferenti del Pianeta, è cosa nobilissima che – direbbe Kant – dirige lo spirito e forma la morale. Ma che ci si metta in testa di poterlo fare davvero … è delirio d’onnipotenza. Una cosa patologica.

Se “socialismo” è “elevare le plebi”, allora, per una questione di pura necessità organizzativa, si comincia dalle plebi più vicine, quelle già inserite nel proprio Stato.

Ecco il succo dell’attrazione esercitata dai “populismi” che – in gran parte – sembrano degli abborracciati “socialismi di destra” (si pensi a Casapound che propone le statalizzazioni, come i comunisti cileni dei tempi di Allende, e come i socialisti italiani degli anni ’60).

In sostanza, se la linea realistica di Minniti sull’immigrazione si fosse manifestata subito e senza tentennamenti, le Nuove Destre non avrebbero avuto sirene tanto potenti.

Si salvi il salvabile: meno salotti culturali, meno chiacchiere “democratiche”, più riforme sociali serie, e massimo realismo nell’affrontare le scosse potenti che possono venire dalle migrazioni, come pure dal crimine di casa nostra, sempre più protervo, al di là dei facili – e fasulli - proclami di vittoria.

 

Sergio Sammartino

Docente di Filosofia e Storia

Ex articolista dell’ “Avanti!”

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