Ieri in uno stabilimento di Milano Marittima, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Salvini vicino alla consolle, sono partite le note dell’Inno di Mameli mentre le cubiste ballavano.
Chiara l’irritazione di molti italiani veri patrioti. A rappresentarli è sceso in campo, con una dichiarazione all’Adnkronos, il generale di brigata Francesco Maria Ceravolo, presidente del Cocer Difesa: l’Inno di Mameli va intonato “solo in determinate occasioni e con il dovuto atteggiamento”.
Sempre all’Adnkronos rincara la dose il tenente colonnello Gianfranco Paglia, Medaglia d’Oro al Valor Militare, ferito nel 1993 nel corso di una missione in Somalia: “Certe scene disturbano e io non l’avrei permesso”. “Non entro nel merito del comportamento dei singoli politici, perché ognuno interpreta la politica come meglio crede - sottolinea il tenente colonnello Paglia - Ho sempre rispettato tutto e tutti, anche chi mi ha sparato il 2 luglio 1993. Posso dire cosa avrei fatto io. Non avrei permesso mai una cosa del genere. Da cittadino, da ex parlamentare e da uomo che si onora di indossare l’Uniforme, credo nei valori e nelle parole scritte nell’Inno che non è la classifica strofa che si canta prima dell’inizio di una partita di calcio”.
“Quel testo è pieno di simboli che ci rappresenta così come ci rappresenta il Tricolore - continua Paglia - Credo che la politica sia un pò lontana da certe realtà ed è, ultimamente, lontana da certi valori in cui una parte degli Italiani ancora si identifica. Ripeto il mio è un semplice richiamo alla sobrietà e all’avvicinarsi ad un mondo, quello militare, in modo diverso”.
“Quando si giura fedeltà alle Istituzioni o si canta ‘siam pronti alla morte’ non è semplice esibizione, ma qualcosa di più profondo - conclude Paglia - Ed è questo il motivo per cui certe scene disturbano e dico che non l’avrei permesso perché a differenza di alcuni, quel mondo lo conosco da sempre”.
* Nella foto di Copertina, Salvini in consolle con le cubiste che ballano l’inno di Mameli al Papeete di Milano Marittima (video di Carmelo Lopapa - la Repubblica)