AGNONE. Una storia d’amore lunga settanta anni capace di travalicare qualsiasi ostacolo come quello di tre deportazioni, nel periodo della Seconda Guerra mondiale, e dell’emigrazione in Germania per problemi di lavoro. Una storia fatta di tanti sacrifici che però ha visto quale colonna portante il volersi bene, il rispetto reciproco e la volontà di crescere una famiglia dai sani principi.Quella rinsaldata sabato scorso all’interno della chiesa di Sant’Emidio, da Custode (per tutti Dina) Santilli e Giuseppe (Peppino) Appugliese, sembra quasi una favola o comunque una storia lontana anni luce dal vivere quotidiano. Era il 18 maggio del 1942 quando lei appena 15enne, lui 20enne si sono detti per la prima volta sì. Ma, come nelle belle storie che si rispettano, neppure il tempo di andare a vivere sotto lo stesso tetto, che Peppino partirà militare. Fatto prigioniero in Sicilia, viene deportato nel campo di concentramento di Orano in Algeria. Nel paese nordafricano, tra stenti e umiliazioni, resterà due anni prima di essere tradotto a Marsiglia (Francia) e poi a Liegi in Belgio. Un calvario lungo tre lunghissime stagioni dove a dargli la forza per andare avanti la sua Dina che ad Agnone non perderà la speranza di riabbracciarlo. Il 1945 è l’anno della svolta, Peppino viene rimpatriato e i due possono finalmente tornare a formare una vera famiglia. Ma nell’Italia del dopo-guerra trovare un lavoro è un’impresa a dir poco impossibile, così ancora una volta Peppino è costretto a fare fagotto e trasferirsi in Germania dove farà il carpentiere. Anche in questo caso è sempre l’amore a spazzare via la lontananza che finirà quando Peppino rientra in Italia per lavorare con la Pontello, l’Ircesi, due grandi ditte edili dell’epoca. Intanto la famiglia si allarga con l’arrivo di Luigina. Il resto è storia recente con i due protagonisti circondati dall’affetto della figlia, del genero Nicola, dai nipoti Sabrina, Candido e Francesca e dai tre pronipoti: Angelo, Nicola e Simone.
* le foto sono di Francesco Azzi