Sassuolo (MO) - Sto seguendo con grande attenzione tutte le vicissitudini sul futuro del Caracciolo perché provo un legame con il futuro della mia vita professionale. Ridurre il presidio a un ospedale di comunità significherebbe privare tutto il territorio della montagna abruzzese – molisana Paragonaredi un punto di riferimento sanitario. Nelle aree montagne disagiate non dovrebbe prendere il sopravvento la cultura dei numeri e delle prestazioni piuttosto la qualità e l’importanza di ciascuna di esse. Leggo con amarezza che il nuovo piano sanitario vorrebbe garantire la presenza di una rete di emergenza urgenza con elisoccorso e automedica tanto in questo modo verrebbero assicurate le urgenze fondamentali; peccato che il servizio di elisoccorso non è possibile garantirlo nè con il maltempo (pioggia, neve, nebbia) né di notte e conoscendo bene quel territorio significherebbe abbondanare la popolazione locale alle loro sorti tanto da far passare un messaggio pericoloso: ”Se stai veramente male chiama il prete perché è impossibile arrivare in ospedale”. In altre regioni del nord quali Veneto e Trentino alto adige (vedi Asiago, Pieve di Cadore, Borgo Val sugana, San Candido, Agordo) sono stati salvaguardati tutti i piccoli ospedali e classificati come piccoli ospedali di montagna per la loro importanza stategica nel territorio. Non capisco perché gli abitanti abruzzesi e molisani tra l’altro più poveri di quelle zone debbano essere privati di un piccolo presidio da costi di gestione già limitati. Garantire un piccolo presidio di montagna con una dotazione di 20 posti di medicina, tutti i servizi ambulatoriali (dialisi, day surgery e attività ortopedica e ginecologica giornaliera) e un piccolo PS con un POCT di laboratorio non credo sia una cosa così assurda. Il Caracciolo è l’unico ospedale periferico della regione molise che merita di essere salvato, gli altri di Venafro e Larino anche perché posizionati in zone meno disagiate possono benissimo essere trasformati in ospedali di comunità anche perché già da alcuni anni sono sottoutilizzati e i cittadini di tale aree gravitano su Isernia e Termoli.
da Fabrizio Cristiano, medico nefrologo e di Servizio Emergenza/Urgenza dell'ospedale di Sassuolo in sperimentazione pubblico/privata.