Prosegue fino al 28 febbraio nel Palazzo Gil a Campobasso la mostra “Non aprire che all’oscuro”. L’esposizione è arricchita di eventi settimanali che contribuiscono a renderla agorà di confronto intorno al mondo della fotografia e alla vita stessa delle antiche lastre al bromuro d’argento, recuperate e restaurate da Flavio Brunetti.
Il primo appuntamento è previsto nella serata di venerdì 29 gennaio con un ospite come Luciano Ferrara, uno dei maggiori fotoreporter italiani, storico collaboratore delle più grandi testate giornalistiche italiane che, insieme a Flavio Brunetti e Luigi Fabio Mastropietro, affronterà il tema: “La fotografia: verità nella storia”.
Ferrara, fotografo free-lance, dagli anni ’70 collabora con le principali testate di stampa italiane e straniere. Per realizzare i suoi reportage collabora spesso con sociologi e storici, riuscendo così a ritrarre la marginalità contemporanea in modo lontano dalla retorica e dal luogo comune. Nel 1989, fonda con Serena Santoro l’Agenzia foto giornalistica Nuovellepresse; nel 2006 crea l’associazione culturale Wine&Foto, nata come punto di intersezione tra arti visive, approfondimenti multidisciplinari e cultura del gusto. Docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti Napoli in “tecniche di sviluppo e stampa analogica”, nel 2013 apre Tribunali138, uno spazio divenuto punto di riferimento per progetti legati alla fotografia e alle arti visive, dove si concretizzano progetti in divenire guardando alla fotografia internazionale, un luogo aperto dove incontrare fotografi contemporanei.
“La storia di Luciano Ferrara s’inscrive negli anni Settanta, insegue i corpi giovanili che protestano tra Napoli e il mondo, tra il movimentismo di quegli anni e i “no global”, i corpi dei lavoratori, le fabbriche e i disoccupati, con l’obiettivo di fare “controinformazione”, sintetizzare il moto, l’azione, la scena nella sintesi istantanea di una sola inquadratura. La sua testimonianza, registra le condizioni dell’uomo ai margini della realtà. Per trent’anni frequenta e fotografa i femminielli di via Toledo, del Rettifilo, della Sanità, influenzato anche dai lavori che ci ritornano nel tempo da De Simone a Patroni Griffi, fino ad Annibale Ruccello. La grande fiducia dei soggetti fotografati si rivela nella posa, nei corpi nudi ed esposti con sicurezza, nell’empatia, nel gioco ironico e dissacrante che entra in dialettica con il lavoro portato avanti nei quartieri Spagnoli da Giuseppe Desiato. Gli occhi sfrontati in macchina, lo scatto scabro e senza artificio, la promiscuità prepotente della fotografia fonde scena e retroscena, interni ed esterni, arte e vita. Come nelle ricerche di Nan Goldin i corpi fotografati da Ferrara potrebbero uscire dalle riviste d’avanguardia degli anni Novanta I-D e The Face, potrebbero emergere dalla sensation dei Young British Artists. Eppure appartengono a un tempo lungo e ciclico, sono iscritti nel prima e nel dopo, appartengono alla storia e alla vita delle città”.