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Ospedale, pazienti in netto calo. La salvezza? Gestione pubblico-privata

Amedeo Chiantese insiste sulla sperimentazione: "Soluzione apparentemente spregiudicata ma molto in voga sul territorio nazionale"

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AGNONE. “Continua, quotidianamente e quasi come una litania, il dibattito sulla struttura ospedaliera ‘San Francesco Caracciolo’. Molte sono le iniziative: da ‘Il cittadino c’è’, che è sempre attento alle vicende dell’ospedale, all’Articolo 32 che, intraprendendo la strada giudiziaria, ha consentito di riaffermare un principio fondamentale solo apparentemente banale in realtà continuamente – nei fatti – messo in discussione: l’eguaglianza civile dei cittadini, l’avere tutti pari dignità e pari diritti, perché costituzionalmente previsti ed immediatamente esigibili a prescindere dal posto in cui si vive, sia esso Milano con i sui problemi e le sue opportunità, sia esso Pesconennataro o Capracotta o Rosello con le proprie difficoltà e le proprie specificità. La sospensiva è un utilissimo risultato rafforzato dall’importante partecipazione popolare. Anche la nuova amministrazione comunale continuamente dibatte sulle sorti del Caracciolo, che è oggi il problema ed il pericolo più grande che l’alto Molise deve affrontare. Ma mentre prosegue il dibattito, mentre la discussione quotidianamente si anima, giorno dopo giorno, le attività svolte nel Caracciolo diminuiscono. Il timore più volte rappresentato di una ‘lenta morte per consunzione’ si sta concretizzando. Tutti sono convinti del fatto che il Caracciolo debba continuare ad esistere. La politica che, con le continue rassicurazioni del Presidente Iorio , non ha mai messo in discussione il Caracciolo. Le attività del sub commissario che anche nei recenti incontri ha ribadito non solo la necessita del presidio ma addirittura il suo potenziamento ( possibile conseguenza della sospensiva del TAR ai decreti del Commissario ad acta relativi al ridimensionamento e probabile merce di scambio per evitare il prosieguo delle iniziative giudiziarie?). La ASREM che, con i suoi vertici strategici, ribadisce continuamente che il Caracciolo non è in discussione. Ma aldilà dei propositi, alcuni senz’altro sinceri altri molto più strategici, il dato di fatto è che le attività che il Caracciolo sta svolgendo in termini di numero di ricoveri, valore economico, qualità dei ricoveri è calato tra il primo trimestre 2007 e il primo trimestre 2011 di oltre il 50 % e anche le prestazioni specialistiche che, hanno sempre visto un trend di crescita, sono anch’esse in diminuzione. I motivi sono molteplici. Senz’altro l’impatto del passaggio alla ASL unica è stato un colpo durissimo. L’impreparazione a questa delicata trasformazione, la conseguente disorganizzazione sull’intero territorio regionale, quotidianamente riportata sui giornali con i frequenti casi se non di malasanità almeno di ‘sanità estemporanea’, ha determinato nel delicato equilibrio del Caracciolo conseguenze disastrose. Ogni piccola discrasia (il venir meno di un medico, il ritardo di un rinnovo contrattuale, il ritardo in qualche pagamento che interrompe un rapporto con i fornitori costruito negli anni) è stata dirompente, la mancata partecipazione del personale del Presidio al progetto di sanità regionale - l’essere ai margini della vita sanitaria regionale - ha determinato il triste venire meno delle motivazioni e dell’entusiasmo. Oggi chi frequenta il Caracciolo e lo confronta con la dinamicità di qualche anno fa percepisce immediatamente che le attività, i servizi, l’assistenza fornita si trascinano stancamente, quasi rassegnati all’ineluttabile. Il dibattito sul Caracciolo è così diffusamente vissuto, che ogni alto molisano si è fatto una idea sul problema e sulle possibilità di risoluzione. Tuttavia per troppo tempo ci siamo soffermati a ricercare le soluzioni non alle cause di tale tracollo, bensì ai suoi effetti. Così si è corsi dietro al medico che di volta in volta mancava o al disservizio creatosi per un qualsiasi motivo, perdendo di vista la causa del problema, la ragione profonda. In realtà l’elemento critico del sistema sanitario altomolisano sta nei meccanismi del suo funzionamento. Non importa avere 50 o 60 o 1000 posti letto, ciò che conta è poterli fare funzionare e l’attuale organizzazione, i meccanismi operativi posti in essere per tale funzionamento, non ce lo permettono. Dobbiamo tutti convincerci del fatto che il problema è di natura organizzativa non strutturale e allora le possibilità per venir fuori da tale empasse passano necessariamente attraverso soluzioni organizzative che consentano la riacquisizione di autonomia gestionale da parte del Presidio, la capacità cioè di decidere ed operare in maniera autonoma, svincolandosi dalle lungaggini e dalle difficoltà che caratterizzano la ASREM, consentendo tempestività ed efficacia decisionale. E’ questa l’unica soluzione possibile e duratura per intervenire sulle cause e non sugli effetti del problema. Ogni altro intervento che veda il Caracciolo dipendere dalle decisioni e dai tempi della ASREM non risolverebbe nulla e soprattutto non inciderebbe sulle cause del dissesto. Allora la battaglia da combattere è su questo fronte e le possibilità si riducono , a parere dello scrivente, a due. Il rivendicare, sui tavoli della politica regionale e nazionale, una specificità del presidio di Agnone e pretendere l’istituzione di una piccola Azienda Ospedaliera con un budget annuale di cui disporre in piena autonomia, o ‘osare’ ed ‘usare’ uno strumento, solo apparentemente ‘spregiudicato’ ma in realtà ampiamente diffuso su tutto il territorio nazionale: la sperimentazione gestionale Pubblico-privato. Certamente la prima ipotesi, la possibilità cioè di istituire una azienda ospedaliera autonoma, è senz’altro la soluzione ideale. Un ritorno alle condizioni che hanno consentito una crescita delle attività del Caracciolo e che hanno permesso di farne un riferimento sanitario per la nostra regione e per le regioni limitrofe, sarebbe senz’altro auspicabile. Ma, in questo contesto di restrizioni generali per la sanità nazionale ( vedasi prossima finanziaria) e soprattutto la specifica condizione della regione Molise intrappolata nelle rigide prescrizione dei piani di rientro e posta sotto il controllo da ben tre Commissari, la possibilità di ottenere l’istituzione di piccola azienda ospedaliera è oggettivamente remota, se non impossibile. Non resta che riflettere, con serenità e senza pregiudizi, sull’ipotesi di Sperimentazione Gestionale cercando di capire quali rischi si celano dietro questo strumento e soprattutto quali occasioni ed opportunità ci permettere di cogliere. Va immediatamente sgombrato il campo da un equivoco: la Sperimentazione gestionale pubblico – privato non è una ‘privatizzazione’ ma, al contrario, è uno strumento utilizzato in decine di esperienze, distribuite su tutto il territorio italiano, per conservare l’assistenza ospedaliera garantita in modo universale e gratuito, così come previsto dall’ormai dimenticata legge 833/78 . Non è un salto nel buio, anzi, è rigidamente regolamentata dal nostro ordinamento e, tra le molte garanzie normate, importante è la previsione secondo la quale il Pubblico deve detenere- sempre e comunque - la maggioranza (minimo il 51 %). L’intervento del privato avrebbe, nella ratio dell’istituto, un duplice scopo del quale oggi la sanità altomolisana ha un disperato e vitale bisogno: la riacquisizione della necessaria autonomia e l’aumento dell’efficienza gestionale attraverso l’utilizzo di strumenti di natura privatistica. Inoltre la Sperimentazione, proprio per verificarne l’utilità, ha una durata limitata, anch’essa normata rigidamente, pari a tre anni eventualmente rinnovabili attraverso proroghe concordate. Alla scadenza del periodo sperimentale si potrebbe prevedere per il pubblico la possibilità di riacquisizione del 100% delle quote, con un ritorno ad una completa gestione pubblica una volta superate le sabbie mobili del piano di rientro. Anche la governance della struttura mista deve garantire l’interesse pubblico attraverso la maggioranza dei componenti degli organi di gestione di estrazione pubblica in modo che al pubblico sia riservato l’indirizzo ed il controllo ed al privato la gestione operativa. Naturalmente questa operazione non è affatto semplice e presenta non pochi punti di estrema delicatezza. I dubbi che più frequentemente vengono posti riguardano la permanenza dei servizi oggi presenti al Caracciolo nonché la gestione del personale oggi in forza al presidio. Tutti dubbi legittimi e preoccupazioni comprensibili ma che senz’altro potrebbero trovare soluzioni negli accordi formali (contratti, patti parasociali e altri strumenti negoziali) tra la parte pubblica (sempre maggioritaria) e la parte privata. L’idea di sviluppo lungo le direttrici di efficienza (garantita della gestione privatistica) , ed efficacia (sotto lo stretto controllo della parte pubblica) potrebbe essere oltre che lo strumento per preservare l’esistenza dell’ospedale nel territorio alto molisano (che è e resta l’obiettivo principale) anche, in prospettiva, un vero e proprio volano per l’economia di questo territorio, attraverso il forte potenziamento delle diverse attività sanitarie e dell’indotto che ne potrebbe derivare. Allora, anche alla luce del fatto che l’adesione alla sperimentazione gestionale è una decisione che può essere rivista e messa in discussione in tempi rapidi ed in base ai risultati conseguiti , perchè non prendere il coraggio con due mani, osare una soluzione coraggiosa e intraprendere la strada che può dare un futuro possibile Caracciolo? Caro Presidente Iorio, Lei che ha sempre ha amato le zone interne e ha sempre voluto salvaguardarle, ci dia la possibilità reale,per il nostro futuro, di poter continuare a vivere nella nostra terra, con scelte sagge e che diano risposte certe.”
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