Oggi ricorre un tristissimo anniversario: il 43esimo dal massacro del Circeo. Maria Rosaria Lopez morì per mano dei pariolini romani Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido. La sua amica Donatella Colasanti, dopo 36 ore di sevizie e violenze, è stata una sopravvissuta per 30 anni. Riuscì a fingersi morta e finì nel bagagliaio della Fiat 127 bianca di proprietà del padre di Gianni Guido. L'unico che ha finito di scontare la pena di 30 anni per quanto ha fatto. Andrea Ghira morì dopo anni di latitanza. Angelo Izzo, come ricordiamo bene, è finito nuovamente all'ergastolo per aver ucciso Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano nella villetta di Ferrazzano in Molise il 28 aprile 2005.
Avvenne 30 anni dopo questo orribile massacro e dimostrò a tutti che la semilibertà per criminali del genere è una misura cautelare non consigliabile. Izzo il giorno lavorava nell'Associazione "Città futura" e solo la notte rientrava nel carcere di Campobasso dove era detenuto. La decisione arrivò nel dicembre 2004 dal tribunale di sorveglianza di Palermo. Dopo 30 anni, ingrassato e imbruttito, nessuno in città aveva collegato il suo viso alla storia orrende del Circeo. Era diventato irriconoscibile se non per quello sguardo assassino e criminale. Ma Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano non potevano saperlo.
Ma cosa successe col Circeo? Venne fuori una società romana piena di misoginia. Le donne venivano considerate niente meno che corpi inanimati da seviziare, abusarne sessualmente e poi ucciderle. Allora il termine femminicidio non esisteva ancora, ma possiamo dire che forse è stato il primo femminicidio mediatico. E Donatella Colasanti, scampando alle mani assassine dei neopariolini romani, aveva inaugurato non volendo il concetto di sopravvissuta.
E' in onore del sacrificio di queste due giovani che la legge italiana dovrebbe tutelare di più le donne che subiscono qualsiasi tipo di violenza. Ricordando quanto male ha fatto Angelo Izzo dopo essere tornato in semilibertà . E invece questa lezione non sembra essere servita. In molti casi italiani ma anche molisani, quando le mogli vengono picchiate dai mariti, quando le ragazze vengono violentate, non si applica la misura cautelare più grave nei confronti di chi commette tali nefandezze. Per i mariti violenti, prima di arrivare all'arresto dietro le sbarre, ci sono gli avvertimenti, le ammonizioni, gli allontanamenti dalla casa coniugale e infine gli arresti domiciliari.
Che nei casi più fortunati si scontano lontani dalle proprie vittime, che vengono trasferite nelle case rifugio dei centri antiviolenza. Che significa tutto questo? Gli uomini delinquono, donne e figli sono costretti ad abbandonare la propria casa. In caso di violenza dagli sconosciuti, arresti domiciliari significano che lui il violento resta a casa propria pur non potendone uscire. E la vittima non si sente mai veramente sicura di uscire liberamente perchè esiste anche la possibilità di evasione dai domiciliari. Questa è la tutela nei confronti delle donne a 43 anni dal Circeo. A 13 anni dal massacro di Ferrazzano e a un secondo dalla violenza precedente. E' anche per questo che molte donne in Italia (circa il 90%) non denuncia quanto subisce.
L'ultimo caso in Molise è avvenuto in un comune. Denunciato a Larino ma la vittima medicata a Termoli. I carabinieri accertano la versione di lei. In ospedale risulta affetta da contusioni guaribili in 10 giorni. Ha subito atti sessuali. Lui il 23enne accusato le ha tolto il telefono. È pericoloso socialmente. Il gip ha deciso per lui gli arresti domiciliari. E' vero che le carceri sono piene soprattutto in Molise. Ma molte vittime non si sentono completamente al sicuro non vedendo il proprio aggressore in carcere. E la vera galera inizia per le donne. Come fu la morte per Donatella Colasanti, avvenuta proprio a pochi mesi dal massacro di Ferrazzano. Era da tempo ammalata di cancro. Ma si disse che il dolore per quanto Izzo ha rifatto abbia accelerato il decorso negativo della sua malattia.