Della settimana appena trascorsa la notizia delle nomine per gli organismi di competenza del consiglio regionale. In un articolo dello stesso giorno abbiamo pubblicato tutti i nomi delle persone che avranno un posticino al sole in questi anni che corrispondono alla dodicesima legislatura.
Da quel momento in poi in rete sono fioccate le proteste. “Si tratta di nomine legate alle logiche spartitorie dei partiti- è una delle accuse lette in rete – mancano le professionalità necessarie”.
In particolare le proteste hanno riguardato le nomine del Co Re Com e della commissione parità e pari opportunità. Della prima abbiamo ampiamente parlato, sottolineando gli interventi del consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti del Molise Cosimo Santimone e della presidente dell’ordine dei giornalisti del Molise Pina Petta. In particolare nell’intervento di quest’ultima si evince una cosa gravissima: nel nuovo CoReCom, a differenza di quello precedente, non c’è la rappresentanza del mondo della comunicazione. Il consiglio regionale, nella logica spartitoria, ha deciso di non nominare nessun giornalista per sostituire la figura di Vincenzo Cimino, che nella scorsa legislatura aveva ben fatto agendo da collegamento tra questo organo e l’ordine dei giornalisti, facendo entrare nel palazzo che conta la lotta del mondo della comunicazione. Tutto questo è stato azzerato adesso. La componente degli avvocati la fa da padrone. E per i giornalisti sarà non solo più difficile sapere le decisioni che si prendono al suo interno. Ma anche contare qualcosa in quelle decisioni. Mala tempora currunt direbbero i latini. E questo provvedimento arriva dopo quello del governo gialloverde, che già aveva tolto i finanziamenti nazionali alle tv delle regioni con bacino di utenza di meno di due milioni di abitanti. Togliere un giornalista dal corecom è una chiara intenzione di seguire, anche a livello regionale dove la maggioranza è diversa, la linea del governo nazionale. Ossia cancellare i diritti di chi fa informazione.
Ma non finisce qui come direbbe il compianto Corrado Mantoni. Che mai citazione sia più giusta in questa corrida di nominati della politica che non corrisponde a meriti particolari. Infatti la stessa logica del Corecom è stata applicata anche alla commissione per la parità e per le pari opportunità. Lo ha sottolineato la criminologa e psicologa Francesca Capozza: in questa commissione non ci sono psicologi. Pur sapendo quanto è importante questa figura nelle iniziative per la parità di genere. Perché questo settore, volenti o nolenti, porta a intraprendere iniziative con soggetti vittime di disparità (donne, omosessuali, disabili ecc ecc) che riportano conseguenze psicologiche dagli atti che subiscono. In questo caso forse hanno pensato che la presenza di Maria Grazia La Selva (presidente del centro di ascolto Liberaluna Onlus) potesse in qualche modo compensare a queste mancanze. Ma non è così. Ogni professionalità ha un suo campo di azione insostituibile. Ma chi sono le altre componenti? Aida Trentalance la conosciamo come persona molto attenta alle politiche di genere. E’ in quota 5 stelle ma con una provenienza di sinistra e nota per aver fatto battaglie per la sanità pubblica e per le leggi sulla parità di genere. Ma oltre a lei abbiamo anche due “ non elette” alle regionali del 2018. Si tratta di Claudia Mistichelli, in quota fratelli d’Italia, e Sabrina Lombardozzi (in quota Iorio presidente). Due nomi che la dicono chiara sul fatto che le appartenenze politiche siano il primo requisito per la nomina. Sperando che ci sia la stessa sensibilità della commissione precedente ci auguriamo che queste appartenenze politiche possano essere anche abbinate alla sensibilità per i temi della disuguaglianza. Che sarebbe dovuta essere la prima logica da guardare prima di procedere alla nomina. Solo il tempo ci dirà se le competenze, ma soprattutto le sensibilità, potranno superare l’appartenenza politica. Ai posteri l’ardua sentenza.