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Ospedale pubblico-privato, intervista a Giovanni Presutti

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AGNONE. Ospedale in agonia; disservizi; futuro con intesa pubblico-privato. Un bailamme di notizie avvolgono il Caracciolo. Ma che c’è di vero?. Ne abbiamo parlato col dirigente amministrativo dello stabilimento sanitario altomolisano Giovanni P. Presutti. Dott. Presutti la sua esperienza di dirigente della Asrem è ormai ultra quinquennale, può dirci se la sanità di quest’area è malata o è in salute?. “La sanità altomolisana non è malata. Sta invece cercando di superare, fra mille difficoltà, il duro contraccolpo derivante dalla riorganizzazione e dalla riduzione ad una sola ASL. Il processo organizzativo o meglio di riorganizzazione è estremamente complesso e, mentre altre regioni lo hanno affrontato in un arco temporale ampio, i nostri tempi sono stati assi più brevi e condizionati dalla pesante zavorra del piano di rientro che ci vincola moltissimo. In queste dinamiche Agnone, che per dimensione, territorio e vie di comunicazioni, ha forse il più delicato equilibrio dell’intera regione, ha risentito fortemente del drastico e repentino cambiamento”. La sua è una analisi tecnica senz’altro vera, ma come porre rimedio ai tanti disservizi che quotidianamente affiggono il Caracciolo, pensiamo alla dialisi, eterna negletta, o la ginecologia che è solo una farsa?. “Certo qualche disservizio è stato inevitabile ed è sotto gli occhi di tutti, ma dobbiamo anche parlare di ciò che di buono c’è al Caracciolo e mi riferisco al laboratorio analisi che continua a garantire non solo quantità ragguardevoli di prestazioni ma anche una qualità riconosciuta, ma anche alla medicina che, con la lungodegenza, offre un servizio importante, e soprattutto alla chirurgia che continua ad essere un riferimento non solo regionale ma anche extraregionale. Quindi senz’altro attenzione ai disservizi ma anche capacità di riconoscere i meriti”. Nulla da dire su alcuni settori che, grazie soprattutto a quei professionisti che hanno scelto di restare in trincea, resistono. Ma è imperativo che il Caracciolo esiste se tutte le strutture funzionano. Le chiedo ancora: per far funzionare il Caracciolo come funzionava una volta di cosa si ha bisogno?. “La difficoltà maggiore che è chiamata ad affrontare in questo momento la sanità alto molisana sta nei tempi e modi di risposta rispetto ai problemi che quotidianamente deve risolvere. L’attuale assetto organizzativo con la concentrazione delle attività amministrative e di gestione, implica inevitabilmente un decentramento decisionale che non riesce a dare, con la tempestività che talvolta le situazioni richiedono, la necessaria risposta e, se tale condizione può in alcune realtà più grandi, penso al Cardarelli o al Veneziale o al S. Timoteo, essere ammortizzata proprio dal fattore dimensionale, per la condizione di fragilità del Caracciolo tali anomalie possono essere dirompenti”. Questa l’analisi del problema, ma le soluzioni?. “In un contesto così particolare ritengo che, almeno fin’tanto che i meccanismi di funzionamento della ASREM non saranno rodati, è necessario – per usare una terminologia aziendalistica – un “ controllo elementare “ che consiste sostanzialmente nella possibilità di avere controllo e autonomia gestionale in loco, una sorta di gestione di “contatto “ in modo da analizzare i problemi disporre con tempestività le soluzioni, verificare i risultati . Per ottenere ciò, in questa particolare contingenza ( il piano di rientro e soprattutto le ristrettezze economiche ) sono convinto che l’unica possibilità concreta sia la sperimentazione gestionale pubblico–privato. Altre strade per un recupero di autonomia mi sembrano francamente difficili”. Idea che ha fatto propria la nuova amministrazione comunale, ma anche il candidato alle regionali per l’A.D.C. Amedeo Chiantese, persino il Governatore Iorio sembra fortemente interessato. Ma che cos’è questa “sperimentazione“?. “In realtà è un istituto largamente utilizzato in molte realtà regionali italiane e, in alcuni casi analoghi al nostro, con notevole successo, tutto sta, a mio avviso, a considerarlo senza pregiudizi e soprattutto conoscendone tutte le potenzialità ed anche le criticità che pure esistono. Si tratta, in realtà, di una “ prova “ di qui il termine “ sperimentazione”. Un periodo (per la precisione 3 anni, di prova) che mette insieme risorse pubbliche e risorse private, con la costituzione di una società mista a maggioranza pubblica, autonoma rispetto alla ASREM con la quale avrebbe un rapporto analogo al privato convenzionato, acquisendo efficienza attraverso l’utilizzo degli strumenti privatistici di gestione”. Al di là delle alchimie tecniche, il cittadino quale beneficio ne trarrebbe?. “La comunità altomolisana dovrebbe chiedere, anzi pretendere, che alcuni servizi fondamentali siano garantiti. Per esempio, per ritornare al vecchio funzionamento della ex ASL, dovrebbero pretendere quattro aree sanitarie per cosi dire “di base“: un’area chirurgica dove possano afferire tutte le prestazioni chirurgiche ( chirurgia generale, ortopedia, oculistica urologia, ORL, ostetricia e ginecologia), un’area medica con la medicina generale e la lungodegenza, un’area dell’emergenza urgenza ed una dei servizi. Queste aree, con un approccio gestionale di tipo privatistico, potranno funzionare efficientemente, inoltre, considerando che la parte pubblica è comunque maggioritaria, le istanze di tipo pubblico, quindi i servizi ritenuti indispensabili comunque sarebbero garantiti e difesi. Alla fine del periodo così detto sperimentale (tre anni) si potrebbe ridiscutere l’assetto prevedendo la possibilità di un ritorno al pubblico puro con la cessione delle quote del privato. Naturalmente il percorso non è affatto semplice, anzi è irto di difficoltà, tuttavia se non si affronta non ci resta che accettare lo status quo. Se poi dovessero essere elaborate idee alternative, finalizzate ad un recupero di autonomia gestionale, senz’altro dovranno essere considerate attentamente. Ma credo che il male peggiore sia questa l’inerzia che sta logorando lentamente e inesorabilmente la sanità alto molisana”. Un’idea sulla quale sarà necessario un approfondito dibattito. Per concludere, cosa ne pensano i movimenti a difesa del Caracciolo, mi riferisco all’Articolo 32, al Cittadino C’è e all’Unità di Crisi?. “Ho avuto modo di partecipare solo ad un incontro dell’Unità di Crisi, perché formalmente invitato, ma, in generale, mi pare di capire che, come spesso accade nei movimenti di opinione e come è giusto che sia, le posizioni sono diverse e questo è un bene perché significa affrontare con spirito critico il problema. Mi piacerebbe però che ogni giudizio fosse elaborato dopo una attenta conoscenza degli strumenti e non fosse invece pregiudiziale o peggio figlio di un interesse personalistico perché evidentemente, e su questo dobbiamo porre estrema attenzione, c’è chi remerà contro considerato che un tale progetto senz’altro configge con alcune micro sacche di privilegi che pure esistono. Credo invece che la cosa migliore per l’Alto Molise sia un dibattito aperto, schietto, interessato solo al bene della Comunità. Certo è, come ho già detto, che la cosa peggiore è l’inerzia. Questo è il momento delle decisioni, decisioni importanti, che devono guardare in prospettiva, non a noi ma alle generazioni future, perché l’Alto Molise, senza il Caracciolo efficiente, rischia di scomparire”.
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