Oggi nella giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne, ricordiamo che nell'altomolise uccidere per evitare uno stupro significava beccarsi una condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione.
I fatti, come ricorda questa vecchia pagina dell'Unità (foto) datata domenica 3 agosto 1986 e scritta dopo la condanna in appello, avvennero nelle campagne dell'alto Molise il 13 novembre 1983. Fu allora che incontrò in una fredda mattinata di domenica il suo assalitore armato di fucile. Pronto ad approfittare di lei e della sua poca istruzione. Per un rapporto fugace, nonostante lei fosse sposata e madre di figli. Ma lei si difese a colpi di zappa dagli assalti del pastore, lo ferì alle gambe e ne provocò la morte.
Da questo fatto di sangue nacque il femminismo molisano degli anni 80. Come ricorda il libro scritto dal giornalista Leopoldo Feole "Frantumi storie di ordinaria violenza sessuale ", una raccolta che menzionava tutti i casi di stupro e di femminicidio avvenuti nel Molise degli anni 80, per difendere Giovanna Peluso, così si chiamava la contadina che si difese uccidendo il suo aggressore, nacque il "Comitato pro Giovanna" che servì anche a sostenere le spese processuali di questa donna accusata di omicidio. A sostenere questo caso fu Tina Cardarelli responsabile delle donne del Pci, che per la complessità del caso fece arrivare in Molise l'avvocata delle donne "Tina Lagostena Bassi" intervenuta per il ricorso in Cassazione dopo il lavoro svolto accanto alla donna dall'avvocato Ugo D'Onofrio di Agnone, tuttora vivente che verrà negli studi di altomolise.net venerdì 30 novembre alle 18.
Un anno dopo in primo grado, come ricorda anche lo storico di Repubblica. it arrivò l'assoluzione in primo grado. Il pezzo è datato 10 novembre 1984 e raccontava così la storia: La corte di Assise di Campobasso ha assolto per legittima difesa una giovane di 25 anni, sposata e con due figli, che un anno fa uccise a colpi di zappa un cacciatore che voleva violentarla. Il fatto avvenne ad Agnone, un paese dell' alto Molise in provincia di Isernia. Nicola Pannunzio di 53 anni, anche lui sposato e con due figli, che era a caccia nelle campagne poco distanti del paese si avvicinò alla donna, Giovanna Peluso, che coltivava i campi e, prima con le lusinghe poi con le minacce, cercò di usarle violenza. La giovane reagì colpendolo con numerosi colpi di zappa alla testa e al torace. L' uomo morì per dissanguamento mentre la contadina era corsa in paese per chiedere soccorso. La sentenza è stata accolta con un lungo applauso da parte del numeroso pubblico.
Dopo due anni l'assurda motivazione della sentenza di secondo grado, enunciata dalla Corte d'appello di Campobasso riformò la sentenza di primo grado condannando Giovanna Peluso a un anno e 4 mesi di reclusione. La motivazione fu per eccesso di legittima difesa. La donna, poverissima, fu condannata anche al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio e ha scontato in carcere la pena che le fu comminata.
Un fatto che va ricordato a 35 anni dall'accaduto. Anche perché seppur oggi il fenomeno del femminicidio e della violenza sessuale sembra riguardare marginalmente il territorio altomolisano, c'è il dovere della memoria e anche quello di lottare affinchè non si torni indietro mai.