E’ con vivo rammarico, per non aver potuto presenziare , per impegni personali alla presentazione del libro di Poesie “Pnzièr e paròl , che si è svolto al Palazzo ducale a Poggio Sannita nel settembre di quest’anno, pur essendo invitato a ciò dall’autore, Marco Butiniello, che stimo ed apprezzo per i motivi che di qui verrò ad esporre.
Dietro la sua barba ingrigita Marco Butiniello, detto Marcuccio, nasconde i dettami della sua poetica spontanea , viva , altamente espressiva, che si traduce in un dialetto “caccavonese” immediato.
Mi soffermerei su questo aspetto; non è necessario concentrarsi troppo nell’ascoltare le poesie dell’autore citato, in quanto la sua poesia è un Humus che si diffonde tra la gente in maniera subitanea, andando immediatamente a toccare quelle corde del cuore sommerse, tra una vitta fatta di sacrifici, di abbandono forzato della terra natia, di quel pot pourri di sensazioni, che si nascondono nelle pieghe di ricordi infantili, che sfociano nelle speranze giovanili, nelle allegre brigate Caccavonesi che, per parola dello stesso autore, in occasione della 4^ festa dei Caccavonesi a Roma, hanno ispirato le mirabiliedi questo libro, che sicuramente assume il sapore di un testamento morale non solo per le generazioni attuali, ma soprattutto per quelle future.
In una scala ipotetica , a livello gerarchico, nel paese che vide i Natali di grandi intellettuali, poeti e scrittori come l’avvocato Peppino Iacovone o il canzoniere Bartolomeo, Marco Butiniello si colloca sullo scranno dei grandi, per questo atto di amore, scolpito nel sangue dei Caccavonesi , nella stratosfera del vissuto di Marcuccio, dei suoi silenzi, da cui apprendere, nelle fantasie da bambino, ma anche dei dirompenti entusiasmi giovanili, ispirati anche dal suo amico ed imprenditore Donato Di Filippo, che Marcuccio ha ringraziato personalmente durante la citata festa.
La sua poesia “Caccavon” mi dà lo spunto per rilanciare quella che non è una folle idea, ma , bensì, un anelito dei tanti cittadini originari e non di Poggio sannita, come il mio grande amico e poeta, il dr. Tiberio Larocca, di “restaurare”/reinserire il nome di Caccavone, al posto del “pallido” Poggio Sannita.
Il nome Caccavone, risulta, orgogliosamente, bagnato dal sudore della nostra tradizione artigiana, per cui occorre rimediare all’errore storico, compiuto nel 1921.
E’ necessario, comunque, sottolineare in tale ambito anche la poetica in romanesco, di cui Marcuccio è depositario (leggi la divertente “la machina perfetta”) e di cui egli stesso ha sciorinato in molte occasioni, i suoi fondamenti, avvicinandosi per ironia ed arguzia alle tematiche dell’immenso Trilussa o del crudo Belli!
Oggi Marco è un uomo pienamente realizzato dal punto vista professionale e personale e familiare, ma volte si gira indietro e si rivede ragazzino, mentre dà i calci ad un pallone, lungo le strade sterrate e polverose, in un “Caccavone”, privo, allora, di tecnologia e di strumenti sofisticati, ma denso di valori, che porterà eternamente dentro di sé!
Paolo Porrone
Roma/Poggio Sannita li 11 dicembre 2018