C’è qualcosa di marcio in questa Italia.
È una citazione dell’ Amleto di William Shakspeare. Amleto è l’unico che può vedere e sentire il fantasma del padre. Il suo amico Marcello, con l’altro, Orazio, lo segue da vicino e, ritenendolo pazzo, pronuncia la celeberrima frase: “C’è del marcio in Danimarca”, che fa riferimento alla presunta pazzia del principe e al precedente commento di Amleto che afferma come la Danimarca sia diventata “un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante”. Si svela, poi, la terribile verità che il fantasma del padre rivela ad Amleto nell’atto I, scena V, ovvero che è stato avvelenato dal fratello e zio di Amleto. Orbene,se osserviamo da vicino le vicende che riguardano i genitori di importanti leader politici come Di Maio, Di Battista e Renzi, non possiamo che parafrasare la frase di Amleto e dire: C’è qualcosa di marcio in questa Italia. Questi i fatti.
- Antonio Di Maio, padre di Luigi Di Maio, vice premier del Governo del Cambiamento è indagato per favoreggiamento del lavoro nero, abusi edilizi, omessa denuncia al catasto e detenzione di rifiuti inerti. Di tutto questo, Antonio Di Maio ha reso piena confessione con una lettera pubblica nella quale ha aggiunto: Chiedo scusa per gli errori che ho commesso, chiedo scusa alla mia famiglia per i dispiaceri che hanno provato, e chiedo scusa anche agli operai che hanno lavorato senza contratto per la mia azienda anni fa.
- Vittorio Di Battista, papà di Alessandro Di Battista, stando ai dati di bilancio del 2016, affogherebbe, in concorso anche con il figlio, in una montagna di debiti: 400mila euro circa dovuti a lavoratori, fornitori, Inps e banche. Anche Vittorio Di Battista ha reso, insieme al figlio, piena confessione: "In difficoltà come tante piccole imprese".
Ebbene, i simpatizzanti dei due grillini hanno accettato la situazione, l’hanno digerita, e, in molti casi, l’hanno giustificata e addirittura apprezzata perché i rei confessi hanno ammesso i loro peccati e si sono scusati. Contemporaneamente azzannano i Renzi perché, tapini, non ammettono di essere dei rei, si permettono di professarsi innocenti, non si pentono e non si scusano. A nulla valgono le reiterate dichiarazioni dei due presunti colpevoli che chiedono di essere processati al più presto perché si accerti la verità. No, per loro la verità è già scritta e certificata dai media.
Sembra di assistere alle scene descritte magistralmente da Alessandro Manzoni nel suo saggio storico “La colonna infame” in cui due accusati infondatamente di essere untori, cioè personaggi usi a diffondere volontariamente la peste, vengono sottoposti al supplizio della ruota. Non più sopportando il terrificante dolore inflitto da questo supplizio, i due si dichiarano colpevoli e vengono giustiziati. Oggi non esiste più il supplizio della ruota ma quello del Travaglio, quello si, esiste eccome ed è più feroce della ruota; è talmente presente nella nostra società da consentire anche a parlamentari di irridere due anziani incensurati e sempre assolti, finora, da ogni accusa in ogni processo avviato. L’irrisione arriva al punto spregevole di mostrar manette e di far dire cose bestiali come quelle pronunciate tempo fa dal senatore Giarrusso dei 5 stelle e riproposte in questi giorni: “Renzi sarebbe da impiccare (…). Sì, insomma, avete presente la cosa che si fa su un albero, attaccando la corda?".
Allo stato delle cose, questa è la situazione.
Lo spettacolo è deprimente. D'altra parte, come ci tramanda Giovenale, il grande autore satirico dell'antica Roma, chi governava si assicurava il consenso popolare con la regola del "panem et circenses": date pane e giochi al popolo. Periodicamente i governanti di Roma assicuravano grano in forma gratuita o a prezzi calmierati accompagnati da grandi spettacoli circensi. Oggi, chi governa segue pedissequamente lo schema di Giovenale: da una parte, c'è il panem del reddito di cittadinanza, dall'altra, ci sono i giochi circensi della gogna mediatica messa a punto da travagliatori professionisti, specializzati nello scorticamento vivo delle vittime designate.