Vili interessi economici e speculativi dietro la chiusura della linea ferroviaria Carpinone – Sulmona. E' la sintesi del pensiero di Lunciano Scarpitti, presidente dell'associazione culturale Il Glicine. Di seguito pubblichiamo la sua nota:
Caro Direttore, le chiedo ospitalità sul giornale che dirige per denunciare un ulteriore tentativo di chiudere definitivamente la linea ferroviaria Carpinone – Sulmona. Le assicuro che non siamo inguaribili romantici innamorati della ferrovia. Molto semplicemente siamo abitanti di paesi di montagna che hanno bisogno di tanti piccoli servizi per altri italiani inutili o insignificanti, per noi indispensabili. Si ricordi che i nostri paesi si trovano dagli oltre 600 metri di altitudine di Carpinone agli oltre 1.200 di Roccaraso passando per i circa 900-1000 metri di Carovilli e San Pietro Avellana. E’ vero, al contrario, che è cinico ed ottuso chi decide di chiudere un ramo ferroviario senza tener conto del danno che reca a tanti incolpevoli cittadini, tanto più che questo danno non inizia oggi, ma strategicamente ha preso le mosse molti anni fa. All’inizio è partita una campagna mediatica contro i cosiddetti “rami secchi” (le linee economicamente non convenienti), poi si è passati a sconvolgere le coincidenze dei treni presso le stazioni di scambio, costringendo i passeggeri a lunghe attese in ambienti freddi e degradati o a chiedere aiuto a familiari o amici per farsi venire a prendere con l’automobile. Successivamente abbiamo assistito all’abbandono delle stazioni, lasciate in preda di atti vandalici e distruttivi, con la chiusura delle biglietterie. Tocco finale è stato quello di far viaggiare gratis i passeggeri che dopo aver chiesto di fare il biglietto sul treno venivano del tutto dimenticati e si trovavano alla stazione di arrivo senza aver pagato la corsa. Sono assolutamente convinto che si sia trattato di una strategia attentamente studiata a tavolino proprio per dimostrare, dati alla mano, l’antieconomicità della linea.
La fotografia che allego è stata scattata il 20 marzo 2009 al treno, dal quale scesero parecchi viaggiatori, e alla stazione di Carovilli ancora parzialmente funzionante. Quel giorno, dopo un’abbondante nevicata, soltanto il treno viaggiava con la massima sicurezza. Per gli abitanti dei paesi di montagna sono indispensabili i negozi di generi alimentari, l’ambulatorio medico, la farmacia, la scuola materna, la chiesa, anche per chi non ne è abituale frequentatore, ed infine i servizi che assicurano la mobilità per qualsiasi evenienza. Quindi chi ha la fortuna di avere nelle vicinanze una stazione ferroviaria si sente più tranquillo e difficilmente rinuncia, anche se gli vengono date ampie assicurazioni sui servizi sostitutivi.
Infine occorre sottolineare che dovunque sia arrivato il treno ha portato sviluppo economico; certo sarà difficile rivitalizzare un territorio come l’Alto Molise dopo il forte fenomeno di spopolamento che si è verificato negli ultimi anni. Nessuno può negare che la riduzione dei servizi essenziali è strettamente legata allo spopolamento: la prima dipende dalla fuga degli abitanti e questa ha come conseguenza la diminuzione dei servizi. Ora, la definitiva “morte” della ferrovia rappresenta un esplicito invito alle popolazioni ancora residenti nei territori montani ad abbandonare i loro bellissimi paesi pieni di storia e di tradizioni ancora vive e significative.
E’ forse questo che vogliono le nostre amministrazioni regionali e provinciali? All’apparenza non sembra così. Ad ogni accenno di chiusura della linea ferroviaria assistiamo ad una levata di scudi dell’Assessore regionale e del Presidente della Provincia, ma i risultati sono assolutamente deludenti.
Non siamo tanto ingenui da non capire che ci troviamo di fronte ad una serie di manovre messe in atto dalla Rete Ferroviaria Italiana e dalla Sangritana per ottenere le condizioni più vantaggiose: l’una per lasciare, l’altra per subentrare. In mancanza di un accordo la ferrovia muore. Da parte nostra vogliamo affermare che qualcuno deve, sottolineo deve, tutelare gli interessi delle popolazioni di montagna che già sono costrette a subire moltissimi disagi e difficoltà senza che nessuno se ne preoccupi.
L’anno scorso abbiamo festeggiato con sinceri sentimenti l’unità d’Italia, alla quale hanno dato contributo di vite e sacrifici i nostri antenati, ed ora dobbiamo sopportare che la nostra vita sia condizionata da vili interessi economici e speculativi cinicamente gestiti altrove. Siamo forse cittadini di serie B? Speriamo che il Presidente della Repubblica si ricordi anche di noi!
Il Presidente
Luciano Scarpitti