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L’arroganza di Salvini e l’insipienza di Zingaretti e Di Maio

Il Governo del Cambiamento ha cambiato le quinte di uno spettacolo politico rendendolo indecoroso 

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Salvini 1: tutti a casa si va a votare
Salvini 2: un momento, prima riduciamo il numero dei parlamentari e poi al voto
Salvi 3: rimane al governo, non si dimette e non fa dimettere i suoi; il governo non cade ma si diletta a prenderlo a calci
Di Maio 1: prima si riducono i parlamentari e poi al voto
Di Maio 2: ok alla riduzione dei parlamentari, ma senza sfiduciare il Governo
Di Maio 3: chino ad ossequiare Grillo, pronto a riabbracciare Salvini
Zingaretti 1: No a un Governo con i 5S, daremmo un aiuto a Salvini
Zingaretti 2: Si a un Governo con i 5S ma deve essere di legislatura
Zingaretti 3: torna a fare il burocrate delle Frattocchie
Chi rompe le uova nel paniere a tutti è Renzi. Si dimise nel 2016 allontanandosi dalla politica. Ha detto no a tutti, da Salvini a Di Maio, si è seduto in poltrona a mangiare pop corn e ad assistere a questo spettacolo vergognoso. Ma quando è arrivato il momento di poter cogliere tutte le contraddizioni tra Lega e 5S, in spregio al pericolo, si è ripresentato sulla scena politica e ha mandato tutti in tilt. Non a caso, oggi tutti scaricano su di lui ogni nefandezza. Per Grillo è un avvoltoio, per Salvini un pericolo pubblico, per Zingaretti un nemico. E si lavano la coscienza attaccando lui e risparmiando gli altri. Questo succede quando non si è capaci neanche di gestire una crisi governativa e si finisce per rendendola una farsa agli occhi di tutto il mondo. Solo in una riunione di condominio si assiste a scene di questo genere.
In concreto: Salvini il “superuomo” che balla e canta a dorso nudo con il popolo in mutande, che  dalla spiaggia annuncia la fine della legislatura, che va da Conte ad intimargli di lasciargli la poltrona, che in barba alla Costituzione chiede mussolinianamente pieni poteri, arriva in giacca e cravatta al Senato della Repubblica e non fa nulla di quello detto poche ore prima. Anzi,  continua a serfare come fosse sulla moto d’acqua della polizia, manda bacioni a destra e a manca, chiama Di Maio amico, saluta mai attaccandolo Zingaretti, e rinvia la caduta del Governo, dimostrando ancora una volta che sa solo fuggire e scansare, urlare e scantonare come solo al mercato s’usa fare. Il tutto, in un Parlamento imbambolato. Il Capitano tutto d’un pezzo che si spezzerebbe ma non si piegherebbe mai, ha finito per piegarsi e ripiegarsi molte volte in poche ore. E pensare che se avesse voluto mantenere la schiena dritta gli sarebbe bastato far dimettere i ministri, ritirare “formalmente” la delegazione dal governo e rinunciare alle “poltrone”, come s’usa dire volgarmente.
Ed è patetico e miserevole che, per salvare la faccia, tutti questi minuscoli attori se la prendano con l’unico che sta indicando una strada utile ai cittadini: evitare che aumenti l’Iva; evitare che la prossima manovra costi altri sacrifici per gli italiani; evitare di rendere ridicola l’Italia oltre il lecito e il consentito. 


 

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