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Crisi di governo, Giuditta Lembo: un fatto tutto al maschile

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La crisi è davvero arrivata, assieme alle dimissioni del Presidente del Consiglio. Finisce così, con un confronto parlamentare accesissimo, che purtroppo non ha dato per nulla un bell’esempio di eleganza lessicale e di adeguato linguaggio istituzionale! Una crisi che ha evidenziato bene l’attuale situazione della rappresentanza di genere nel nostro Paese in cui le donne sono quasi del tutto assenti dal dibattito politico e dal condividere scelte sul futuro dell’Italia- commenta così l’epilogo del Governo italiano,in un suo comunicato stampa, la Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso Giuditta Lembo – La quasi totale assenza del contributo delle donne ci deve far riflettere alla luce del fatto che le donne rappresentanometà dell’elettorato, il 42% dei lavoratori (Istat), il 57,2%% dei laureati (Miur), che producono  il 41% del PIL, che partoriscono e allevano tutto “il popolo” e che ogni anno svolgono 50 miliardi e 694 milioni di ore di lavoro familiare non retribuito.Le donne con diritto di voto in Italia sono infatti 26,2 milioni, dei quali 13,1 milioni quindi, il 50%, non sono andate a votare alle scorse elezioni europee.L’impatto di questo numero sarebbe dirompente se tradotto in 268 miliardi di euro, pari a oltre il 18% del PIL!Una percentuale che ci fa comprendere quanto la presenza delle donne potrebbe influire sulle sorti del nostro Paese. Solo per fare un esempio – continua la Lembo - l’entrata nel mercato del lavoro delle casalinghe - più di 4 milioni - non solo porterebbe il tasso di occupazione femminile ai livelli europei, ma potrebbe contribuire anche a risollevare lo stato di salute dell’economia italiana.Al Sud il tasso di occupazione femminile ondeggia intorno al 30% da molti anni: in quest’area, soprattutto, molte donne smettono di lavorare per difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura dei figli, mancanza di servizi per l’infanzia e anche per fattori culturali. Pertanto, è difficile pensare che tutte le donne italiane fuori dal mercato improvvisamente si mettano a cercare e trovino un lavoro – prosegue Giuditta Lembo -fintanto non vedono concretizzarsi interventi come ad esempio incentivi monetari o fiscali per le donne che rientrano al lavoro, congedi di paternità più sostanziali di quelli esistenti, bonus fiscali per le aziende che assumono donne e servizi alla prima infanzia adeguati e associati a nuove forme di lavoro flessibile. Senza trascurare la promozione dei talenti femminili e del valore dell’indipendenza. Tutte misure che potrebbero accelerare la crescita dell’occupazione femminile, aumentata negli ultimi 10 anni del 4,9%, con 442mila lavoratrici in più.L’Italia è una Repubblica democratica fondata anche sul lavoro delle donne, ma se ci riferiamo solo al lavoro retribuito sembrerebbero escluse in gran parte: casalinghe, pensionate e disoccupate (il 63,7% delle donne over 15 non lavorano).Se però utilizziamo lo stesso termine nel suo senso più ampio di fatica, le donne ci sono, eccome, ci sono nella fatica del lavoro retribuito: 9,7 milioni sono le donne che lavorano in Italia (Istat, 2018), producendo oltre il 41,6% del PIL, per un valore di 614,2 miliardi di euro. Le donne ci sono anche nella fatica del lavoro non retribuito: le italiane dedicano 50 miliardi e 694 milioni di ore all’anno ad attività  domestiche, di cura  di  bambini,  adulti  e  anziani  della  famiglia, volontariato, aiuti informali ecc, il 71% del totale. Di queste, 20   miliardi   e   349   milioni   di   ore di lavoro sono svolte dalle casalinghe, 13 miliardi e 713 milioni di ore dalle occupate e 11 miliardi e 683 milioni dalle pensionate. Ma le donne hanno un ruolo fondamentale nella riproduzione, partorendo quasi 460 mila bambini all’anno (Istat, 2017), dato in calo del 4% nel 2018 e si prevede ancora in discesa nel 2019, proprio per via della persistente mancanza di occupazione e servizi. Ma allora sarà per i motivi sopra citati che le donne hanno ancora così poco potere e visibilità e un peso politico quasi nulloo flebile?Dobbiamo ringraziare invece – conclude Giuditta Lembo - con profonda gratitudine, l’associazionismo femminile,che, pur nella propria fragilità numerica e mediatica, ha fatto campagne davvero campali per difendere quei diritti dei quali godonotutte le donne, sia di sinistra che di destra nonchè gli organismi di parità e pari opportunità, che nonostante i tagli di risorse continuano ad impegnarsi sul fronte della tutela di questi diritti.Si riparte dunque da qui, dalla necessità di capire perché siamo arrivati a questo punto, e come andare avanti, anche se ci domandiamo se questo sarà il punto della risalita o piuttosto quello del precipizio definitivo e, come dicevo qualche settimana fa, l’ultimo canto del cigno o l’araba fenice. Ma questo sta però a noi donne deciderlo, non ai nostri governanti. Sta a noi scegliere a che grado di civiltà vogliamo aspirare

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