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Droga: Mio fratello morto per una strada sbagliata

Intervista alla giovane scrittrice Chiara Albanese

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"Sono la prima a dire che mio fratello fosse un drogato" ammette Chiara Albanese proseguendo: "ma c’è da tenere conto che Giuseppe non fosse solo quello; era una persona a modo come poche". Per chi non lo ricordasse Chiara Albanese è una scrittrice di soli 20 anni che vive ad Agnone. La morte di suo fratello, Giuseppe Albanese, tossicodipendente, l’ha segnata, tuttavia Chiara non si arrende. Da anni si batte per sensibilizzare i giovani riguardo un problema che ad Agnone, e nell’Alto Molise, sembra non esserci sebbene in realtà sia lì, nascosto: la droga. La tossicodipendenza è uno dei problemi che, statisticamente, affligge i giovani che iniziano a fare uso di droghe, cadendone preda, in età adolescenziale ed è proprio a quei ragazzi che Chiara si rivolge. Chiara, da quanto tempo ti dedichi a iniziative di questo tipo? "Innanzitutto, devo dire che l’iniziativa, almeno per il momento, è solo virtuale. Avevo creato tempo fa un gruppo su Facebook ma il social network, una volta aggiornatosi, ha eliminato alcuni gruppi perciò ho dovuto ricrearlo". In che modo hai operato in questi anni? "Quando avevo soli 14 anni, ho scritto il mio libro: Storia di mio fratello morto per una strada sbagliata. Da allora ho iniziato un tour in tutte le scuole di Isernia nel tentativo di sensibilizzare i giovani sul problema della droga e sui rischi della tossicodipendenza, inoltre mi piacerebbe essere d’aiuto per tutti coloro i quali si trovano all’interno del tunnel della dipendenza. Sono stata invitata anche in alcune scuole agnonesi dove, durante delle assemblee di istituto, ho partecipato proseguendo la mia missione. Infine, posso dire che ho fatto lezione a tutta Italia; sono stata ospite del programma Italia sul due dove ho esposto le mie perplessità, raccontato la mia storia". Parliamo, nello specifico, del tuo libro e soprattutto del messaggio che volevi far passare. "Il mio libro racconta la storia di Giuseppe che io ho impersonato, per così dire, scrivendo; il libro dovrebbe essere il diario di mio fratello ed io (ovvero Giuseppe) ne racconto la vita, mettendo alla mercé di tutti anche aspetti della mia vita privata. La cosa fondamentale, che spesso è stata travisata, è il fatto che se vogliamo dire che mio fratello era drogato, è vero; io devo chiamarlo drogato, perché lo era ma non dimentichiamo che comunque, oltre al suo maledetto vizio, era una persona a modo, volevo perciò riabilitare il suo nome. Ciò che tengo a comunicare è un invito a riflettere: tutti ragazzi e le ragazze che fanno uso di sostanze stupefacenti non riflettono realmente al loro vizio come una dipendenza, pensano che a loro non accadrà mai. Infine, lo dico senza timore, volevo far tremare la terra sotto i piedi di alcune persone". Indubbiamente stai spendendo molte energie in questo progetto, cosa vorresti che accadesse? "In primo luogo vorrei che il mio libro potesse venire pubblicato da grandi case editrici, affinchP il mio raggio d’azione aumenti (non per scopi di lucro); mi piacerebbe che la storia di Giuseppe divenisse un film, magari. Inoltre, molti hanno espresso la loro approvazione sebbene gran parte dei gesti fatti finora siano stati gesti virtuali. Ciò che vorrei, è il concreto. Anni fa, l’allora preside dell’Isiss Eugenio Silvestre, ci promise una pianta di olivo nel cortile dell’Itis visto che Giuseppe era uno studente dell’istituto tecnico. Di quell’olivo non ho visto neanche il seme. Ciò che mi piacerebbe, faccio un appello a sindaco e alla giunta comunale, è che la strada che conduce al circolo per anziani, conosciuto da tutti come il portico, venisse rinominata e dedicata a mio fratello. Spero che le persone inizino a seguirmi in questa campagna, mi aiutino a diffondere il mio messaggio di sobrietà". Chiara scrive in una parte del suo libro: A volte sono “contenta” che il Signore mi abbia tolto mio fratello, perché volevo che, dopo la sua parte, venisse preso come esempio, da tutti, soprattutto dai suoi amici, ma questo non è successo e a me dispiace molto. Dopo anni il suo obiettivo è rimasto lo stesso: sensibilizzare affinché nel mondo altre persone evitino l’errore che Giuseppe ha fatto.
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