La professoressa Maria Victoria Guevara - sorella di Ernesto Che Guevara - in questi giorni è in Molise. Sono andato ad ascoltarla ieri a Larino, dov'è stata invitata per un incontro con gli studenti. Ho avuto la possibilità di avere con lei uno scambio di idee. Ecco una sintesi della nostra conversazione.
- Professoressa, lo spirito rivoluzionario di cui suo fratello è simbolo universale, può essere una fonte di ispirazione per i giovani di oggi?
Assolutamente sì! I giovani si rivedono ancora in quello spirito, ma viene percepito in maniera diversa a seconda della latitudine. Probabilmente è avvertito con maggior forza dove ci sono contesti più difficili, dove c’è più disagio sociale si sente più forte quello spirito rivoluzionario. Penso che i giovani del sud America non lo percepiscano in modo uguale ai giovani europei.
- Il Che sosteneva che la più grande arma per fare una rivoluzione è la cultura, crede che questo messaggio sia ancora valido oggi, nell'era di internet?
La cultura è un’arma potentissima. Ma non si può parlare di “una” cultura. Le circostanze in cui si vive nel mondo sono completamente diverse l’una dall’altra. Dove ci sono contesti complessi, penso all’Africa, la cultura è un mosaico di varie culture messe insieme, una infinità culturale. In ogni caso la cultura, intesa come equilibrio fra coscienza e conoscenza, rimarrà sempre l’unica arma per creare un nuovo pensiero.
- Come valuta la mobilitazione mondiale dei giovani contro il cambiamento climatico? La questione ambientale è connessa alla lotta alla disuguaglianza sociale?
Certo che sono collegate le cose! Nei Paesi poveri ci sono poche persone che per rincorrere l’interesse economico depredano le risorse e distruggono l’ambiente. I giovani che manifestano in difesa dell'ambiente fanno bene a usare l'espressione "giustizia climatica". Penso per esempio alla situazione che sta vivendo oggi l’Amazzonia, rovinata dagli interessi dei privati. Per le popolazioni locali quella foresta, quell’ambiente è solo il loro territorio, la terra dove sono nati e dove vogliono vivere in pace.
- Cosa risponde a chi critica il modello cubano definendolo una dittatura?
Non si può criticare un modello politico se non si vive in quel determinato Paese. Bisogna vivere all’interno di un sistema per capirlo ed è difficile spiegarlo perché la cultura, la storia e il contesto sono differenti.
Non si può fare alcun confronto tra Cuba e gli altri sistemi.