Il dottore Vincenzo Di Tanna, morto lo scorso 20 marzo a 65 anni, è da considerarsi l’ultimo medico di famiglia rimasto effettivamente “residente” sempre nello stesso comune di San Pietro Avellana, amenissimo paese molisano di 541 abitanti, al confine abruzzese con Castel di Sangro. Con lui scompare la figura di riferimento stabile ed amabile per un’intera comunità locale nel campo sanitario: l’uomo, l’amico ed il medico che ha condiviso, nel modo più umano possibile e con un devoto spirito di servizio, la parte più intima ed importante dei suoi concittadini. Infatti, abitano altrove quei medici che adesso, al posto suo da qualche mese, hanno in cura sanitaria i sampietresi e, anche se all’occorrenza sapranno essere presenti, ovviamente d’ora in poi non sarà mai più come prima. E’ questa la notizia giornalistica da segnalare ed il dato sociologico ed antropologico più evidente in questo Molise dell’incessante e grave spopolamento, abbinato ad una sanità che cambia in modo convulso sotto la mannaia economica, così come nella gran parte dell’Italia rurale e periferica, montana e tradizionale. A San Pietro Avellana persino il parroco, don Felice Fangio che ha in cura le anime come meglio gli riesce, è a scavalco, poiché abita a Villa San Michele, una frazione del comune di Vastogirardi. Ma in Alto Molise, simili situazioni toccano altri paesi, come Pescopennataro, Poggio Sannita, Belmonte del Sannio, Castelverrino.
Il dottore Vincenzo Di Tanna appare, quindi, come uno degli ultimi simboli di una piccola-grande Italia che si sta sgretolando sotto gli spietati colpi della modernità che predilige le conurbazioni e spopola e disarticola le comunità tradizionali come ad esempio San Pietro Avellana, dove il medico di famiglia era la presenza solitamente più stabile per almeno quaranta anni, spesso il tempo di una intera vita professionale, mentre attorno cambiavano i sindaci, i comandanti della stazione dei carabinieri, persino i parroci o i farmacisti (altre figure sociali di riferimento istituzionale per i cittadini). L’Italia, tante volte descritta dai films neorealistici (specialmente da Vittorio De Sica), non esiste quasi più, poiché sta diventando una “Italia a scavalco” dove il più delle volte i sindaci abitano altrove e non nello stesso paese che amministrano, e così, adesso, pure i medici di famiglia e altre figure di servizio sociale, istituzionale e non.
Il dottore Vincenzo Di Tanna per la comunità di San Pietro Avellana era stato (purtroppo solo per i trascorsi 32 anni professionali che la vita gli ha concesso) più di un medico-amico nella condivisione sociale. Era stato pure amministratore, nel ruolo di assessore, ma anche studioso di temi ambientali in anni ancora non sospetti (sua, ad esempio, una delle prime relazioni sulla presenza dell’amianto in varie forme ed usi nel paese e nel territorio). E’ stato, tra l’altro, un medico-umanista, un intellettuale non usuale ed evidente, silenzioso ma attento, con i suoi intensi studi medico-scientifici di prevalente indirizzo laico, apprezzato e stimato da una ristretta cerchia di altri intellettuali con cui amava dialogare e confrontarsi. D’animo buono e generoso, dal carattere pacato e lungimirante, Vincenzo Di Tanna aveva sposato Romelia Lemme, un’insegnante chietina di San Martino sulla Marrucina che lo ha assistito devotamente nel drammatico anno della malattia mortale. E, in questo lindo paese ai piedi della Maiella, a due passi da Guardiagrele, si sono svolti i funerali, cui hanno partecipato, oltre ai cittadini del luogo, numerose delegazioni provenienti da Capracotta, suo paese natìo, ovviamente da San Pietro Avellana (con in testa l’attuale giovane sindaco Francesco Lombardi e quello precedente Antonio Di Ludovico), da Agnone (specialmente colleghi Asrem), nonché amici ed estimatori sia del Molise che dell’Abruzzo.
Una messa di suffragio verrà celebrata nella chiesa parrocchiale di San Pietro Avellana sabato 24 pomeriggio, per permettere ai suoi amati sampietresi di unirsi nel ricordo e nella preghiera assieme alla moglie, al figlio Fernando, alla nuora Maria Giovanna e alle famiglie dei numerosi fratelli di questo ultimo medico di uno dei più belli comuni della valle del fiume Sangro, che però appare alquanto “spaesato” nella precaria quotidianità socio-amministrativa come sospeso logisticamente tra Abruzzo e Molise, ma con ancora una sua marcata identità sannita, la cui tenacia lo ha fatto risorgere dal passaggio dei tedeschi e degli alleati nel 1943-44 quando è stato raso al suolo, come quasi tutti i paesi della famigerata “Linea Gustav” dalla foce del Garigliano, sul mare Tirreno, alla foce del Sangro sull’Adriatico, attraversando tragicamente questo tratto dell’Appennino centrale.
E dell’Italia a scavalco, disabitata e spopolata, si parlerà prossimamente a Milano nel convegno nazionale “Il paese che non c’è” in programma per sabato 24 e per domenica primo aprile 2012, organizzato da numerose e prestigiose associazioni che si occupano e si preoccupano nel trovare dignitose soluzioni per arginare l’Italia che si sta sgretolando non soltanto fisicamente ed urbanisticamente, ma anche nel cuore delle sue comunità, come dimostra questo esempio-prototipo di San Pietro Avellana che, con il suo medico di famiglia “ex condotto”, perde l’ultimo simbolo di un’Italia più verace e con più cuore, a misura d’uomo e di paese.