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Piccoli ospedali, chiusura impossibile. Le regioni ci provano, il Tar li riapre

redazione
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C'è chi li chiude. E chi poi li fa riaprire. Sono i piccoli ospedali: le regioni vorrebbero tagliarli per risanare i bilanci, salvo poi doversi inchinare al volere dei Tar che ne ordinano la riapertura. Ultimo caso il Padre Pio di Bracciano, Roma, che conta ottanta posti letto.

Secondo il piano di risparmio della Regione Lazio, l'ospedale doveva diventare una struttura territoriale. Questo anche a causa del deficit miliardario presente nel bilancio regionale. Gli abitanti della zona non erano d'accordo e hanno protestato, scendendo in piazza insieme a sei sindaci. Il ricorso è stato inizialmente rigettato dal Tar, ma il Consiglio di Stato ha successivamente accolto il ricorso.

Ed è solo l'ultimo di una serie di casi simili. I tentativi di tagliare i piccoli nosocomi, quelli con meno di 120 posti letto, sono quasi sempre destinati a fallire. La colpa, o il merito (dipende dai punti di vista), va atttribuito in piccola parte anche al Comitato nazionale Articolo 32, nato con la finalità di tutelare la salute anche attraverso "l'opposizione alle iniziative dei commissari" nominati nelle Regioni in rosso di bilancio.

Tra le regioni con più controversie Abruzzo, Molise, Lazio, Campania e Calabria. In Abruzzo, per esempio, nel maggio 2011 il Tar ha annullato il taglio di cinque ospedali previsto dal programma del commissario Chiodi: Casoli, Gissi, Pescina, Tagliacozzo e Guardiagrele. Con varie ordinanze il Tribunale amministrativo del Molise  ha sospeso i progetti di ridimensionamento degli ospedali di Agnone, Venafro e Larino.

 * articolo tratto da affaritaliani 

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