Poste Italiane “razionalizza” gli uffici in Molise. In provincia di Isernia la scure si abbatte su tantissime piccole Comunità.
Antonio Monaco, IDV: “Una decisione bieca che non tiene conto dei bisogni dei cittadini.
Con l’approvazione del Piano di Interventi per il 2012, presentato dalla Società Poste Italiane, si concretizza l’idea, che a questo punto non può che essere definita bieca, di far quadrare il bilancio societario passando esclusivamente sulla testa dei cittadini inermi, soprattutto di quelli che vivono quotidianamente le difficoltà derivanti dal fatto di voler continuare a dimorare nelle aree più interne e disagiate della nostra regione. Aree dove, da qualche anno a questa parte, i servizi essenziali sono diventati sempre più una chimera. Nella esclusiva logica del profitto, la chiusura/razionalizzazione degli uffici postali si abbatte quindi come una mannaia sulla testa di tanti poveri cittadini i quali hanno già una infinità di problemi con i quali confrontarsi giornalmente. La rete degli Uffici Postali del Molise sarà dunque pesantemente ridimensionata, essendo interessata dalla “soppressione” di 7 Uffici oggi aperti al pubblico e dalla “razionalizzazione” di altri 37 che interesseranno altrettanti comuni del nostro territorio. Le razionalizzazioni riguarderanno l'orario al pubblico mediante l'apertura a giorni alterni secondo i criteri del decreto ministeriale del 7 ottobre 2008 (Decreto Scajola). La logica aziendale che sta alla base delle chiusure/razionalizzazioni degli uffici postali è sostanzialmente racchiusa nella ubicazione dell'ufficio in un territorio che viene considerato “a basso potenziale” e che perciò presenta, a dire di Poste Italiane, caratteristiche di “bassa operatività”, tale non da non giustificare gli attuali giorni di apertura. Per cui va razionalizzata l’apertura o peggio ancora vanno chiusi gli uffici più improduttivi. Questa logica, del tutto ragionieristica, fatta di numeri e nulla più, priva pertanto di connotazioni che abbracciano ed interessano l’ambito squisitamente sociale, quello cioè che dovrebbe muovere gli interessi anche delle società che devono fere profitto, porta ad un unico, inevitabile risultato: il depauperamento del sistema sociale ed economico di aree dove la crisi è ancor più sentita che in altre parti del territori e dove le ricadute potrebbero essere devastanti. A questo punto ci si chiede se non sarebbe opportuna una sollevazione generale delle piazze, anche di quelle dove questi fenomeni al momento sono inesistenti o meno avvertibili perché il “potenziale economico generato” rende quelle realtà solide. Ma per quanto ancora potranno esserlo? Se ora la chiusura/razionalizzazione è toccata a 44 realtà del nostro territorio che non si sono dimostrate all’altezza di mantenere gli standard economici richiesti, chi dice che in futuro la soglia di produttività degli uffici postali non sarà portata a livelli talmente elevati che anche gli uffici situati nelle realtà più dinamiche non saranno più in grado di mantenerla? Per evitare questa deriva sociale, è opportuno un intervento forte e risoluto in primi delle istituzioni locali, quelle che a questo punto dovrebbero decidere di alzare la voce in difesa dei propri territori e della propria gente".