Maria Marcovecchio e i suoi “giovani” hanno voluto e appena realizzato la prima “Festa della Montagna” nello splendido scenario di Pescopennataro, vera “gemma dell’Appennino”. Laureata in Scienze Politiche, anni di buona esperienza guadagnata nella Pubblica Amministrazione, Maria ha poi deciso di darsi, nuova sacerdotessa ecologica, alla Natura delle sue montagne altomolisane che hanno un bel continuum con quelle dell’altovastese. Ha formato un gruppo veramente sannita e da qualche anno anima il “Parco naturalistico Abete Bianco” un’autentica oasi dove si può fare di tutto in modo assolutamente naturale, sportivo e salutista meno che annoiarsi. Un lusinghiero successo dovuto essenzialmente al gran lavoro e alla tenacia di questa nuova generazione di trentenni che ama le sue montagne e le vuole fare amare a quanta più gente possibile. Una storia commovente per quanta dedizione e quanto amore mettono in questa bella vocazione, una missione che li lega, in un altro “continuum”, alle generazioni sannite dei millenni precedenti. Qui si sente il loro sacro furore, lo stesso che ha segnato i libri di storia, l’epopea inestinguibile che adesso anima i loro eredi.
Ma le montagne sorelle dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese presentano altre storie simili, che commuovono per la loro determinazione e intraprendenza, per il legame sacro, per la testardaggine di voler riuscire nonostante ci sia un ambiente orografico reso difficile da mille e mille difficoltà, al limite dell’ardimento. C’è, ad esempio, Mina, altra trentenne, che quasi da sola gestisce il Rifugio di Guado Liscia, specie nelle bufere e nelle solitudini invernali, quando assicura un ristoro e un sorriso a chi passa quell’aspro guado montano a 1088 metri, nel trivio Rosello-Pescopennataro, Capracotta, Agnone. E poi ci sono i giovani di Staffoli, che hanno reso popolare pure all’estero il loro centro equestre che adesso si sta preparando ai grandi eventi agostani, come la “Corsa Longa” ed altre attrazioni, imitate nel resto del Molise come in mezza Europa!... Un Alto Molise che fa testo.
Sono tante le storie che si possono raccontare di queste nuove generazioni sannite che lasciano intravedere, pure in altri settori professionali e sociali, quella brama di mantenere sempre maestrose e sacre le proprie montagne, già definite la “Svizzera del Sud” da viaggiatori esteri rimasti incantati da Natura e Persone ed oggi ribattezzate “Almosava” come inviolabile “riserva sannita” che evoca le “riserve indiane” delle sovrane montagne americane.
“Almosava” è il nome dato di recente da Enzo Carmine Delli Quadri (ex manager agnonese sempre innamorato di questi luoghi natii) alle montagne dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese pure per rivendicare un’autonomia antropologica, sociologica, gestionale mentre attorno c’è il crollo delle province e di altri sistemi che sembrano aver fallito con le periferie estreme come le nostre. In “Almosava” c’è la rivendicazione di una sola montagna, di un solo popolo, di una sola anima sannita. Ma “Almosava” è anche qualcosa in più: è la montagna dove la Natura dà spettacolo e commuove per quanto avvince e conquista, per quanto è varia, bella, profonda e silente e dove commuovono le persone per quanto sono tenaci e devote. Tutti sembrano sacerdoti di un culto antico e perenne. Ed è una sensazione che avvolge chiunque si aggiri per queste contrade, rendendolo partecipe di un rito e di una sacralità che solo una montagna come questa sa esprimere!