Partecipa a Alto Molise

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

“Tresca” di Carovilli: cultura delle attività contadine e dell’accoglienza

redazione
Condividi su:

“Tresca” di Carovilli: cultura delle attività contadine e dell’accoglienza
Tradizione, giochi, musica, pasti e bevande a prezzi di costo hanno richiamato tantissima gente.
Non è stata la ricerca di un guadagno a muovere l’organizzazione della tresca di Carovilli, ma l’amore per una festa tradizionale e la volontà di richiamare l’attenzione su un territorio ed un paese che è povero, secondo una visione economica moderna, ma ricco se guardato considerando la qualità della vita, l’amore per la cultura e per le tradizioni.
Quest’anno è stato un vero e proprio trionfo, quello ottenuto dalla tradizionale “Tresca” di Carovilli, organizzata, sotto l’egida della Pro Loco “Monteferrante”, da un gruppo di volenterosi amici di ogni età accomunati dalla voglia di realizzare una bella manifestazione.
Il successo ha riguardato da un lato il grandissimo numero di visitatori, venuti da tante parti della regione e da fuori, che attratti dalla bellezza della manifestazione non si sono limitati ad una breve sosta e qualche fotografia, ma si sono fermati a lungo sul pianoro  del tratturello, di fianco alla chiesetta di San Domenico, dall’altro anche il gran numero di persone che hanno voluto partecipare attivamente alla realizzazione di questa che è una delle più antiche feste contadine della zona, rallegrati dalla musica dell’organetto e della fisarmonica.
Come si sa, questa festa è la parte finale di qualcosa che è iniziata molti mesi prima: quando viene seminato il grano; una volta che questo sia giunto a maturazione si procede alla mietitura e alla formazione dei covoni; infine alla tresca si sciolgono i covoni si spargono sull’aia ben pulita, si fanno camminare i cavalli per separare la paglia dal grano e si solleva il tutto in modo che il vento possa portare lontano la paglia e rimanga a terra soltanto il grano; questo viene raccolto e messo all’asta il cui ricavato è offerto alla Madonna.
Tutta questa serie di operazioni richiede il lavoro di molte persone più volte durante l’anno, naturalmente le più affezionate e presenti sono le persone anziane che ricordano i tempi in cui proprio da quella fatica dipendeva il modesto tenore di vita di tutta la famiglia, ma anche i giovani si stanno affezionando a questa tradizione e desiderano fortemente impedire che muoia come è successo ad altre importanti attività di una volta. Abbiamo visto, così, Cosimo Santini, con i cavalli, Stefano Testa (la patana) organizzare la squadra dei sollevatori, Stefano Ricchiuti (macellaio) e Antonino Testa (tex) dirigere i cavalli sul grano, insieme a numerosi ragazzi accorsi proprio per dare una mano. Dall’altra parte, giovani come Simone e Paolo, cuochi ormai esperti, insieme a Franco, hanno organizzato una nutrita schiera di giovanissimi per assicurare l’accoglienza e per fornire cibi e bevande ai presenti a prezzi di puro costo. Infine Stefano Di Frangia ha ripristinato un gioco, quello dell’altezza del cesto, che si faceva molti anni fa in queste occasioni, mentre altri hanno impegnato i bambini in altri vecchi giochi tradizionali.
Quest’anno si è aggiunta anche un’altra importante e qualificante presenza, quella di un inviato della Soprintendenza ai Beni Culturali di Campobasso, Donato D’Alessandro, che, entusiasta della manifestazione, ha fotografato e filmato tutte le fasi del lavoro proprio per lasciare nella storia regionale una traccia indelebile di questa tradizione contadina.
Un grande ringraziamento è dovuto, quindi, a tutte le persone che per puro spirito di volontariato e di attaccamento al paese hanno dedicato tempo e lavoro ad una tradizione che meriterebbe ben altra attenzione da parte di coloro che decidono le sorti della nostra Regione.

Condividi su:

Seguici su Facebook