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Censura in Diretta su Rai Uno: Ospite dell'associazione Malatesta di Campobasso escluso per maglietta Pro-Palestina. Proteste e interrogazione Parlamentare

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Invitare e poi di fatto impedire ad un cittadino di commentare una iniziativa socio-culturale a causa di una maglietta, per altro sulla prima rete televisiva nazionale, è un piccolo ma eloquente esempio del brutto periodo che vive la Rai e dell'insofferenza crescente che vive parte del Paese.

Nella giornata di ieri, infatti, l'associazione 'Malatesta' ha denunciato l'atto di censura di una giornalista della trasmissione Rai 'Uno Mattina' che ha fatto saltare l'intervento in diretta tv di un associato, perché si è rifiutato di nascondere la maglietta che indossava e che ritraeva un piccolo aquilone con i colori della Palestina.

Si parlava del progetto 'Draw the Line', portato avanti proprio dall'associazione 'Malatesta', che da anni colora i muri della città di Campobasso con opere di artisti internazionali. E la maglietta 'sotto accusa' è realizzata dagli operatori umanitari volontari dell'associazione 'Gaza Freestyle', notoriamente dedita ad attività umanitarie promosse da anni nella Striscia di Gaza.

Ad ogni modo: non credo che tra i compiti di un giornalista ci sia quello di stabilire come debbano essere vestiti gli ospiti, né ritengo un disegno con i colori della Palestina motivo sufficiente per impedire un collegamento in tv o su qualsiasi altro media che faccia del pluralismo la propria ragion d'essere.

Per questi motivi ritengo che l'episodio finisca per ledere l'articolo 21 della Costituzione a tutela del "diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".

Nell'esprimere solidarietà al rappresentante dell'associazione 'Malatesta', aggiungo che ho già preso contatti con i nostri portavoce in Parlamento per predisporre una interrogazione rivolta alla Commissione di Vigilanza Rai su una vicenda che merita di essere discussa e chiarita al più presto. Vogliamo capire se la dirigenza Rai sia al corrente di quanto accaduto e se ritenga compatibile un certo modo di fare informazione con le responsabilità e i compiti del servizio pubblico.

Resto fermamente convinto che episodi del genere non dovrebbero mai accadere, ancor meno all'interno di un'azienda dello Stato che è sostenuta da soldi pubblici e che è tenuta a garantire un'informazione indipendente, equilibrata e plurale, in ogni occasione e sotto qualsiasi forma.
 
 
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