È davvero curioso come, nonostante la vastità delle informazioni e la profondità dei contenuti offerti online, ci si ritrovi ancora a vedere discussioni che scadono in pettegolezzi da bar. Un esempio lampante è accaduto di recente sotto un articolo che avevamo pubblicato. Si trattava di una descrizione dettagliata di una figura femminile di rilievo: una donna colta, scrittrice di successo, originaria di Agnone. Un personaggio interessante, ricco di storia e cultura, che avrebbe meritato un dibattito altrettanto ricco e approfondito.
Alcune signore, invece di concentrarsi sul contenuto dello storytelling e apprezzare l'opera e la vita di questa donna, hanno preferito scambiarsi informazioni personali e supposizioni sui suoi genitori. E da lì, come spesso accade, è iniziato un vero e proprio rosario di pettegolezzi.
Pareva di essere in un bar, con chiacchiere che nulla avevano a che fare con il soggetto principale dell'articolo.
Questo episodio non fa che confermare ciò che Umberto Eco aveva già espresso con la sua celebre frase: "Con i social parola a legioni di imbecilli." È triste vedere come uno strumento che potrebbe essere utilizzato per arricchire il nostro bagaglio culturale e stimolare il pensiero critico venga invece utilizzato per alimentare il gossip e la superficialità .
Se non si è in grado di contribuire in modo costruttivo a una discussione, forse sarebbe meglio evitare di commentare. I social non sono un bar, e chi vi partecipa dovrebbe avere il rispetto e l'intelligenza di ricordarlo. Abbiamo bisogno di spazi virtuali dove si possa discutere, confrontarsi e crescere insieme, non di piazze digitali dove far correre pettegolezzi privi di valore.