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L'orso Stefano e le bugie degli animalisti

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Comunicato Stampa E.P.S. - Ente Produttori Selvaggina
Presidenza Regionale Abruzzo

L'Orso appenninico: un problema o una risorsa?

Sull'onda dell'emozione, dinanzi a problematiche pur estremamente gravi, si legge, com'è ovvio, di tutto.
Purtuttavia mi appare doveroso come non si debba mai perdere di vista l'obiettività dei fenomeni.
E' ormai il caso degli orsi appenninici.
Dall'investimento sull'autostrada all'orso Stefano si gridano vendette, strali, si organizzano fiaccolate contro il bracconaggio (molto forte su tutto il territorio regionale per molteplici ragioni: culturali, conflittuali, venatorie, istituzionali ecc.), si mettono taglie su fantomatici assassini (dimenticando che la promessa della taglia costituisce un grave reato) e quant'altro, ma di rimedi oggettivi se ne vedono pochi, sinanche come valide e fattibili proposte.
In ogni caso, anche il rimpallo dei responsi sulle cause della morte, ammettendo ogni plausibile difficoltà, diviene estremamente significativo.
E allora tanto vale dipartire dagli unici dati "statistici" per provare a disegnare un quadro meno fosco e meno strumentalizzato.
Vi è che sul sito del Pnalm si può trovare un documento che per grandi linee tratteggia il rinvenimento di orsi deceduti, a far data dal 26 giugno del 1971 e sino al 30 maggio 2012.
Superfluo rimarcare che si tratta comunque di un dato parziale, giacché non sappiamo quante altre morti non sia stato possibile accertare per varie cause (mancata scoperta della carcassa, rimozione o decomposizione della stessa, ecc.).
Il documento riporta 93 orsi deceduti nell'arco di più di quarant'anni.
Sarebbe significativo verificare le incidenze di mortalità per periodi più stretti, ma ugualmente il fattore "scoperta" potrebbe far saltare ogni congettura. Dunque meglio riporre questi propositi, posto che non abbiamo alcuna certezza di un periodico controllo "a tappeto" del territorio (magari condotto con cani specializzati).
In ogni caso, i dati possono essere così collazionati:
- n. 41 orsi risultano morti per causa "ignota"
- n. 22 orsi risultano morti per "bracconaggio" o impiego di "arma da fuoco".
- n. 12 orsi sono stati investiti
- n. 11 orsi risultano morti per cause "naturali" (fra cui i cani vaganti ...)
- n. 7 orsi risultano morti per avvelenamento.
Subito alcune considerazioni.
Fra queste innanzitutto la cospicua rilevanza di animali "investiti", certo anche più facili da scoprire (... e a conferma della gravità del problema, mancano gli altri orsi deceduti per la medesima causa in altre parti d'Abruzzo estranee alla competenza del Pnalm).
Di poi una spiccata incidenza delle morti per "bracconaggio" o impiego di "arma da fuoco" nel periodo 1981-1984, tendenza apparentemente sopita negli anni successivi.
Inoltre, il grande punto interrogativo che si cela dietro ben 41 morti di cui la causa è rimasta ignota.
Ciò in quanto, alle difficoltà oggettive di una carcassa poco "valutabile" potrebbero aggiungersene altre, che magari dipartono già dal rinvenimento in ritardo della stessa per la scarsa (?) presenza/controllo del territorio.
Certo è che, ad esempio, i "soli" sette orsi avvelenati apparirebbero non decisamente significativi di un così intenso conflitto (se non fosse che sono stretti in una manciata di anni).
Anche il dato degli orsi la cui morte è stata accreditata per "bracconaggio" o impego di "arma da fuoco" va disaggregato. E magari accompagnato agli dati (ove esistenti) relativi all'altra fauna del parco eventualmente bracconata: cervi, caprioli, lupi, cinghiali.
Ciò in quanto ai fini criminologici (e dunque anche ai fini preventivi e repressivi) non è indifferente distinguere fra una uccisione cagionata per conseguire l'apprensione illecita dell'animale o la sua morte o danneggiamento e il ricorso all'arma da fuoco per una (pur non ammissibile) dissuasione od allontanamento dell'animale da greggi, campi o luoghi di privata dimora, piuttosto che per macabro dileggio.
Questa, peraltro, cioè la dissuasione/allontanamento potrebbe dirsi, sulla base delle ultime notizie diffuse, una chiave di lettura dei proiettili rivenuti sul corpo dell'orso Stefano, dichiarato "problematico".
Su tali premesse mi pongo un serio dilemma quando leggo il proclama della vittoria giudiziaria dell'associazione (che per scopi istituzionali dovrebbe attivarsi per una difesa a 360° dell'orso appenninico) WWF in ordine al dualismo caccia // tutela dell'orso.
E non soltanto perché si affida alla semplicistica statuizione di un organo giudiziario che istituzionalmente si occupa di verificare la legittimità di provvedimenti amministrativi e che non possiede alcuna competenza sul punto e non dovrebbe mai potersi esprimere dicendo: "Da quanto sopra consegue quindi l’accoglimento della censura sulla mancata protezione dell’orso marsicano nell’intero areale di distribuzione individuato nell’accordo PATOM", giacché i giudici, come me, hanno solo studiato diritto e pur se possedessero una scienza propria di tipo faunistico non potrebbero riversarla nel processo senza fare ricorso a figure consulenziali esterne (ctu). Con ciò delegittimando il Patom e l'autorità di chi vi siede (fra cui anche istituzioni universitarie ed Ispra).
Ma soprattutto perché, rileggendo i dati appena sopra esposti, rischia di andare ad innescare o a rinfocolare conflitti in questo momento del tutto inopportuni.
Dal 1993 ad oggi, su 39 orsi rinvenuti si annoverano solo 2 casi di morte per arma da fuoco e solo 2 definiti come bracconaggio (mi interrogo profondamente sulla differenza ...). Eppure abbiamo i sette orsi morti avvelenati (che fossero o meno il bersaglio diretto del veleno), nell'arco dello stesso non ampio periodo.
Non m'interessa entrare, a questo punto, nel merito delle questioni degli ipotetici conflitti con il mondo venatorio (comunque da tener conto), né delle strumentalizzazioni evidenti e gravi che ad ogni orso non più in vita si ergono d'ogni dove per la cura di interessi e fini che non sono quelli della tutela dell'orso.
Nemmeno mi presto ad a-scientifiche affermazioni per le quali, forse, cent'anni addietro, quando gli orsi venivano cacciati e bracconati (e trasformati in prosciutti) regolarmente nonché quando le montagne erano coltivate e sfruttate fino all'ultimo fazzoletto di verde, sembreva che le cose (densità?) fossero assai migliori delle attuali.
Piuttosto, mi dispiaccio solo del fatto che dietro a questi pur gravi accadimenti si continui a blaterale ciascuno pro domo sua ma non ad operarsi fattivamente per tutelare meglio l'orso non soltanto apprestando tutte quelle misure che dagli stessi dati soprariportati appaiono gravemente carenti (controllo del territorio, repressione del randagismo canino - rilevante anche per la problematiche che riguardano le popolazioni di lupo-, accertamento delle cause di morte, stemperamento dei conflitti con le popolazioni locali, creazione ormai non più rinviabile di misure atte ad impedire l'investimento sulle arterie viarie), ma soprattutto trasformando l'orso da "problema" a "risorsa" della collettività.
La potenzialità di tale banale variazione è lapalissianamente espressa dalla quantità, alla sera, di auto parcheggiate fuori carreggiata e di gente chiassosa, che si aggira sui tornanti dell'Acquarita o a Gioia Vecchio.
Non mi pare di leggere, invece, attente ed educative promozioni o valorizzazioni anche infrastrutturali (capanne di avvistamento ecc.) in tal senso.
Eppure il Pnalm nasce come riserva reale di caccia lo stesso anno in cui Ulysses Grant inaugurava il Parco di Yellowstone.
A Yellowstone (Jellystone), però, il black bear è divenuto persino una risorsa televisiva (Yoghi): nel Pnalm è ancora un problema ...


Avv. Giacomo Nicolucci

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