Il Consigliere regionale di Sel, Franco Caramanico, interviene sulla vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’assessore regionale Luigi De Fanis.
«La nuova tempesta giudiziaria che ha investito la Regione non può che provocare un senso di amarezza e sconforto in chi, come noi, ha a cuore i destini della propria terra. Vedere sulle cronache nazionali, sui siti internet e nei tg il nome dell’Abruzzo risuonare per vicende che nulla hanno a che vedere con la virtuosità di un territorio non può che indurre alla constatazione che non riusciamo ad affrancarci da un’immagine e da una considerazione negative, inevitabile conseguenza di inchieste che ripropongono all’attenzione i temi della cattiva amministrazione e della politica malata. Come anche nel passato, per alcuni episodi che hanno riguardato diversi esponenti politici, ribadisco la piena fiducia nell’operato della magistratura e attendo che sia fatta chiarezza sugli aspetti oggi oggetto di indagine. A differenza di altri politici, non me la sento però di intervenire strumentalmente in questa brutta pagina di cronaca per chiedere le dimissioni del Governatore o per denunciare il fallimento del centro destra. Certo la preoccupazione per l’aggravarsi della paralisi amministrativa, che già caratterizza l’operato di questa legislatura, contrassegnata da assenze in Coniglio, continui rinvii e aggiornamenti, è tanta e ogni giorno conferma quanto sarebbe stato meglio andare al voto il prima possibile. Ciò premesso, tuttavia, il mio giudizio negativo sull’operato della gestione di Chiodi si basa su considerazioni che afferiscono ambiti ben delineati - la sanità innanzitutto, l’incapacità di dare risposta alla domanda di lavoro che affama migliaia di abruzzesi - ma non vuole trarre forza e occasione dalle azioni della magistratura. Una coalizione, come pure un singolo partito, dovrebbe giocarsi la propria legittimità e il consenso degli elettori non certo sulle vicissitudini giudiziarie della controparte politica. Il voto dei cittadini dovrebbe essere dato per fiducia nei candidati, non seguendo parametri di esclusione che minano nel profondo la fiducia nella classe politica. Mi chiedo perché la nostra regione sia colpita così duramente, a differenza di quanto accade altrove. Perché l’etichetta di “Abruzzo forte e gentile” si sia affievolita nell’evidenza di un’intrinseca debolezza che non possiamo supinamente accettare. Vorrei continuare a fare politica, o semplicemente vivere la mia vita di privato cittadino, in una regione normale, che non passi agli onori delle cronache per titoli sensazionalistici che hanno come tratto comune lo scandalo e il presunto malaffare. E mi auguro che questo mio auspicio sia comune a tanti e che da esso si possa partire per inaugurare una nuova stagione della politica abruzzese»