Francesco Bottone, nella cronaca sul discorso del senatore Castaldi a proposito della frana di Torrebruna, scomoda la Storia, riprendendo il famoso discorso del bivacco, col quale Benito Mussolini, dopo la marcia su Roma, la nomina a presidente del Consiglio e il giuramento davanti al Capo dello Stato, ottenne la fiducia al suo primo governo (di coalizione, cui seguirono altri “monocolori”). In quella circostanza, il futuro duce del fascismo definì il Parlamento un'aula sorda e grigia.
Bottone riprende quella storica citazione, non tanto per offendere l’Istituzione – almeno credo – quanto perché quegli aggettivi mussoliani sarebbero entrati nell’immaginario collettivo per evidenziare la distanza tra il popolo e i suoi rappresentanti, sordi alle richieste del popolo medesimo. Forse, Bottone vuole ribadire la distanza e la sordità della politica, che – si fa quel che si può – Gianluca Castaldi tenta di colmare da cittadino-senatore, facendo riecheggiare il nome dell’assessore castiglionese Enzo Fangio, in Senato, nella cui cronaca dei resoconti parlamentarei esso (nome) resterà perennemente impresso. Come impressi resteranno i nomi dei paesi “abbandonati ed isolati di Castiglione Messer Marino, Schiavi d’Abruzzo e Torrebruna e addirittura la frazione di Guardiabruna”. La qual cosa è senz’altro meritoria e non solo da un punto di vista della cronaca storica, ma soprattutto perché il discorso in Senato, presieduto nell’occasione dalla seconda carica dello Stato, eserciterà una sorta di moral suasion verso la Regione Abruzzo e la “sua” Protezione civile, affinché aderiscano alla richiesta del presidente della Provincia di Chieti (e del collaboratore - dirigente Cristini) per la riapertura, almeno a senso alternato, di quella strada. Il discorso in Senato richiama oggettivamente l’attenzione di noi giornalisti, che, infatti, lunedì mattina saremo sul posto, con lo stesso Bottone, per documentare ulteriormente il disagio dei cittadini, che coraggiosamente abitano ancora quei posti, come lui stesso ed il mio amico (e compagno) Luciano Piluso.
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Il punto, però, non è tanto citare in Senato quei paesini, ma fare in modo che i bilanci dello Stato (che oggi si chiamano legge di stabilità), approvati dal Parlamento, contengano le risorse per sistemarle quelle strade e questi posti. Probabilmente il deputato Remo Gaspari (che varcò anche l’aula del Senato, come ministro della Repubblica) non ha mai pronunciato in aula il nome “altovastese” e né quello dell’assessore Lorenzo Ottaviano (di Dogliola). Ma, da rappresentante eletto, ha fatto stanziare i finanziamenti in quelle che al tempo si chiamavano le finanziarie, con cui il vastese ha avuto chilometri di strade percorribili, della cui utilità ci accorgiamo solo oggi che sono disastrate, franate e chiuse. Noi critici ed oppositori di quei tempi (io non ho mai votato per la Dc) dobbiamo riconoscere che per il vastese, piuttosto che una citazione in Parlamento, sarebbe meglio ricevere i fondi pubblici che gli occorrono. Con questo non mi dispiace certo l’iniziativa originale ed appassionata di Castaldi, anzi colgo l’occasione per invitarlo nuovamente sul posto: lunedì alle 12. Lui non ci tiene, ma se l’Italia dovesse tornare una monarchia e il Cavaliere diSua Maestà Francesco Bottone averne la rappresentanza istituzionale, può anche essere che quella strada (burocraticamente chiama Sp 212) possa essergli intestata. Almeno lui in Senato l’ha citata.
Ods