Radiazioni in dosi elevate, concentrate nello spazio e nel tempo per distruggere masse tumorali e metastasi. Promettenti i risultati ottenuti dalla fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso (ex Cattolica) con la tecnica Vmat nel campo dell'oncologia ginecologica, presentati nel corso del congresso europeo di radioterapia di Vienna. Lo studio, uno dei primi a livello mondiale, è stato effettuato su 24 pazienti con recidive/metastasi da neoplasie mammarie o ginecologiche.
La metodica, implementata nella Fondazione dal fisico Savino Cilla, ha una tossicità molto modesta, assolutamente accettabile e ha ottenuto una risposta clinica in più di 7 casi su 10. In Austria, la Fondazione G.P. II ha anche proposto altre tre ricerche sviluppate dalle Unità operative di Radioterapia, Fisica sanitaria e Oncologia generale.
La prima riguarda l'utilizzo di basse dosi di radiazioni in combinazione con uno schema chemioterapico (Folfiri-bevacizumab). Nei pazienti affetti da tumori del colon-retto metastatici si è valutato la possibilità di incrementare il tasso di risposte complete al trattamento, che con la sola terapia farmacologica non supera il 5%.
Sorprendentemente, nelle sedi irradiate il tasso di risposte è stato del 39%, senza che l'aggiunta della radioterapia, grazie all'uso di dosi bassissime, abbia incrementato gli effetti collaterali. I ricercatori molisani hanno poi diffuso i risultati ottenuti con l'introduzione di nuovi algoritmi nella pianificazione del trattamento di radioterapia, basati su rigorosi modelli fisici di simulazione dell'interazione radiazione-materia. Ciò è in grado di fornire una migliore distribuzione della dose nel tumore e nei tessuti irradiati. Infine, uno studio sulla rilevazione di errori e sui rimedi nel campo della radioterapia, attraverso l'utilizzo di strumenti statistici di controllo, mutuati dalla ingegneria industriale, (Controllo statistico di processo), per individuare istantaneamente eventuali anomalie di processo a beneficio della qualità dei trattamenti.