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TAGLI ALL'OSPEDALE, ECCO PERCHE' MANIFESTARE

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Mercoledì 13 ottobre 2010 la Chiesa Diocesana, unita con il suo Vescovo, Mons. Domenico Angelo Scotti, si radunerà ad Agnone presso la Chiesa Maria SS. di Costantinopoli, nel giorno della festa che ricorda la nascita di San Francesco Caracciolo, e dopo aver celebrato l’eucaristia, sfilerà silenziosamente per le vie di Agnone per denunciare la grave situazione sociale della Diocesi di Trivento, in cui sanità, scuola e trasporti sono fortemente penalizzati, purtroppo da scelte politiche che non stanno tenendo in alcun conto le problematiche dei territori più deboli e fragili della regione. Tali scelte rischiano di rendere sempre più difficile la convivenza civile e la vita stessa degli abitanti di questa terra, a cui non viene di fatto più garantito il diritto costituzionale alla salute e i LEA, all’istruzione e alle pari opportunità, di fatto rendendoli cittadini di serie B. Molti giornali hanno sottolineato l’inutilità di una partecipazione e di una discesa in campo, visto che ormai le decisioni che dovevano essere prese, sono state già prese in tema di Sanità e forse trasporti e scuola. Invece, è importantissimo scendere in piazza e manifestare, perché il non farlo costituirebbe l’ultimo tradimento alla nostra gente e al nostro territorio, anche perché una riforma così epocale dei servizi – che equivale alla fine e alla morte certa della nostra Diocesi – non può passare sotto silenzio, ed anche perché le decisioni finali non sono state ancora di fatto attuate: è necessario sperare contro ogni speranza, vincere l’ignavia, la rassegnazione, l’abbattimento e far vedere a tutti che ci siamo ancora, non siamo morti: che il popolo della montagna è ancora qui, non si è arreso, che ha una sua dignità e una sua fierezza anche nel momento della difficoltà: perché è un popolo che si spezza, ma non si piega a scelte e logiche illogiche, che tradiscono cinquanta anni di storia repubblicana e i principi democratici della nostra costituzione. La Chiesa locale non vuole arrendersi, perché essa ha a cuore non i propri interessi, ma il futuro sociale, democratico e pubblico della sua gente: perché si sente parte di questa regione, di questo Stato Italiano, di questa sua gente : non è insensibile allo smantellamento del pubblico e dello Stato e non è paladina di logiche di bottega e di parte: vuole pari opportunità, dignità e diritti per i suoi cittadini, che una logica ragionieristica – ma viziata anche da troppi interessi particolari o clientelari – sta mettendo a serio rischio. Le scelte politiche sarebbero condivisibili se fossero state assunte nel rispetto del bene comune, dei principi costituzionali, del diritto a vivere in ogni territorio della regione: non possono essere condivise quando gli interessi privati prevalgono su quelli di tutti, e di conseguenza si operano scelte pasticciate e pericolose che stanno portando allo smantellamento del Servizio Sanitario Regionale, della Scuola e dei trasporti locali. Ci diranno che siamo retrogradi, che non capiamo il progresso e l’innovazione: noi rispondiamo con chiarezza che invece siamo noi ad essere profondamente delusi dell’inconsistenza e fragilità della nostra classe politica, perché come Chiesa ci siamo messi sul piano del dialogo, della proposta, del suggerimento anche tecnico di proposte di salvaguardia del territorio che, salvando gli equilibri di bilancio, assicurassero pari opportunità ai nostri cittadini: la risposta, dall’altra parte, è stata il silenzio, il fastidio, la derisione, la bocciatura superficiale, l’ignorare, il tranquillizzare, l’imbonire, il falsamente rasserenare con frasi equivoche e doppie, perché, appunto, c’erano prima gli interessi di parte da tutelare. Chiediamo alla nostra classe politica di smettere di mentire, di negare, di fuggire: chiediamo da loro prima di tutto un’operazione verità, di dire come effettivamente stanno le cose. Chiediamo adesso fatti, leggasi decreti e delibere, non parole : perché è dal 1970 che in questa regione si parla di tutela delle aree interne, senza operare mai nel concreto, anche per mantenere i servizi. Il nostro Vescovo, Mons. Scotti, in ogni occasione, privata e pubblica, è sempre intervenuto, fidando del dialogo e del rispetto verso le istituzioni, per la tutela della sua gente, come prima era intervenuto monsignor Santucci: gli sono state date assicurazioni, promesse di impegno, annunci di novità… poi puntualmente disattesi. Non è questo il modo per far politica, non è questo il modo di governare, non è questo il modo per andare avanti. Ecco perché è necessario risvegliarsi dal letargo e partecipare, è necessario essere presenti, è necessario dire democraticamente la nostra: perché non si dica che il popolo della Diocesi di Trivento non ha dignità, civiltà e coscienza dei suoi diritti, che non possono essergli negati. La chiusura dei servizi, preludio allo spopolamento e all’impossibilità di riscatto, segna irreversibilmente il crollo socio economico definitivo di una zona vasta: è questa la responsabilità che, con la logica dei numeri, vi state assumendo, cari amministratori locali, regionali e nazionali: il Vescovo e la Diocesi sottolineano come si è giunti a questo punto per le grandi chiacchiere, per la mancanza di progettualità, per la non programmazione territoriale che ha impedito la creazione di posti di lavoro e di opportunità imprenditoriali e di sviluppo, perché era comodo, per motivi elettorali, limitarsi a promettere e proporre posti pubblici senza nessun futuro. Si è creata un’emergenza lavoro, non si è progettato nulla per assicurare il futuro ai nostri figli in questa terra, sono state sprecate risorse: e adesso, il taglio dei servizi viene presentato ineluttabile: da più di vent’anni, dal manifesto “autodistruzione”, dalla vertenza per non morire, alla denuncia dello spopolamento fatta qualche anno fa questa Chiesa locale sta alzando la voce, in un deserto di silenzio assordante: ora, adesso che non c’è più tempo, rimane l’amara costatazione che chi deve governare è stato un bravo becchino della montagna: ma, morta la montagna, morirà la Provincia di Isernia e anche il Molise. Se non cambiate testa, o meglio, come disse Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, se non vi convertite e vedete rapidamente cosa bisogna fare per salvare le aree interne della regione, cominciando dai servizi, prima che tutto sia definitivamente compiuto.
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