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La classe politica ignora le necessità della popolazione dell'Alto Molise

L'omelia del vescovo di Trivento, monsignor Scotti

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AGNONE - Pubblichiamo, di seguito, l'omelia tenuta ieri sera, prima della fiaccolata pro ospedale, dal vescovo di Trivento, monsignor Domenico Angelo Scotti. «La memoria del giorno della nascita di San Francesco Caracciolo, al quale è intitolato l’Ospedale di Agnone, ci raduna e ci unisce in una riflessione cristianamente stimolante alla luce della testimonianza lasciataci dal Santo che oggi onoriamo ed invochiamo. Saluto tutti voi, che avete accolto l’invito, con lo stesso affetto e lo stesso sguardo che San Francesco Caracciolo ha lasciato come dono a questa città, concludendo qui il 4 giugno 1608 la sua intensa vita di servitore del Signore Nostro Gesù Cristo e dei fratelli bisognosi. Un uomo attento ai problemi del suo tempo e soprattutto umile e ricco di sapienza interiore. Egli si fece carico dell’altro, sia quando viveva nella sua casa condividendone i beni e preoccupandosi del futuro dei giovani coetanei, sia da religioso lenendo tante ferite morali e materiali di quanti a lui ricorrevano. In tempi difficili come questi che stiamo vivendo, nei quali si è tentati di dare voce anzitutto alle grida ricorrenti e alle rabbie che emergono spontaneamente dalla gente, mi sembra utile fare un momento di pausa e metterci in ascolto della parola di Dio. L’apostolo Giacomo ci insegna l’esigenza fondamentale di coniugare la fede con le opere. Gesù stesso rispondendo all’elogio fatto a sua madre dice: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano”. La religiosità autentica non è solo conoscere la fede, ma testimoniarla con le opere, soprattutto di carità e solidarietà verso i fratelli bisognosi. “La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. E’ qui che si colloca la dottrina sociale della Chiesa: essa non vuole conferire alla Chiesa un potere sullo Stato. Neppure vuole imporre a coloro che non condividono la fede prospettive e modi di comportamento che appartengono a questa. Vuole semplicemente contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio aiuto per far sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato. La Chiesa ha il dovere di offrire attraverso la purificazione della ragione e attraverso la formazione etica il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili” ( Deus Caritas est). Alla luce di questa visione di fede cerchiamo di comprendere il momento difficile che viviamo. Stiamo sperimentando nelle difficoltà reali della nostra gente la crisi occupazionale, con la perdita del lavoro o il timore di perderlo. Si tratta di una realtà drammatica che tocca tante lavoratrici e lavoratori. “Oggi, afferma Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, la disoccupazione provoca aspetti nuovi di irrilevanza economica e l’attuale crisi può solo peggiorare tale situazione. L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale”. Il papa aggiunge che “il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: l’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economica’”. Tanti giovani sono costretti ad emigrare ed impoveriscono il nostro territorio, privandolo delle risorse più importanti e provocando un generale depauperamento di professionalità e competenze nella sanità, nella scuola, nell’impresa e nell’impegno politico. Anche la comunità ecclesiale subisce gli effetti negativi di tale fenomeno sperimentando al suo interno inedite difficoltà pastorali che pregiudicano la trasmissione della fede alle nuove generazioni. Tuttavia sappiamo che quella occupazionale ha radici in una crisi economica più profonda di vaste dimensioni, giacché il mondo finanziario è sotto pressione anche a causa di speculazioni e manovre occulte. “La complessità e gravità dell’attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente”(Caritas in Veritate). Vi è poi la crisi politica che mina alla base la stabilità economica e finanziaria ed accresce le incertezze. L’impressione che la classe politica e lo stesso Parlamento siano carenti di azioni conformi alle attese della gente ci preoccupa molto. In tale situazione auspichiamo che la Nazione intera ed in particolare la nostra diocesi possano vivere momenti di maggiore serenità e stabilità per offrire a tutti quelle garanzie che sono degne di una società giusta ed ordinata. Da qui scaturisce la richiesta ai responsabili della cosa pubblica di una maggiore attenzione al bene comune, che ovviamente è costituito anzitutto da diritti fondamentali ed inalienabili quali quelli alla vita, alla salute, al lavoro, all’istruzione, alla giustizia sociale: in altre parole al rispetto pieno della dignità di ogni persona. In tal modo il bene comune non può essere affidato semplicemente all’efficacia vincolante della legge e delle situazioni; non è possibile, infatti, delegare soltanto alle pubbliche autorità il suo raggiungimento. La tensione al bene comune deve divenire atteggiamento morale, mentale, spirituale radicato in tutti perché tutti sappiano riflettere, agire in termini di bene comune e non di bene privato e personale. La sfida da accogliere, oggi, è di battersi per restituire il principio del bene comune alla sfera pubblica. Non si può pensare che quello che è dovuto deve essere atteso ed implorato come benevolenza che viene concessa dall’alto. Coloro che hanno la responsabilità della cosa pubblica non possono disattendere le esigenze delle zone più ferite dall’emigrazione e fare scelte che lasciano in abbandono i più bisognosi”. È ciò che ho avuto occasione di sottolineare nel mio intervento tenuto a conclusione della fiaccolata organizzata da Caritas diocesana nel 2007 in difesa del nostro ospedale San Francesco Caracciolo. Ciò che più preoccupa, tuttavia, è che alla base delle difficoltà occupazionali, economiche e politiche, c’è una gravissima crisi morale: la perdita della distinzione tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito. La Chiesa e tanti cristiani impegnati agiscono per svegliare dallo stato di torpore e dal rilassamento morale, che procura l’indurimento del cuore e la perdita del santo timore di Dio. Paghiamo oggi per tutto ciò che abbiamo accettato acriticamente negli ultimi tempi. Dobbiamo scuoterci di dosso la rassegnazione rinunciataria, dobbiamo fare appello alle vere risorse per mettere in pratica l’insegnamento di Giovanni Paolo II che affermava qui ad Agnone il 19 marzo 1995: “Non arrendetevi di fronte ai gravi problemi del momento. Non rinunciate a progettare il vostro futuro”. Tutti dobbiamo fare il mea culpa perché non abbiamo saputo cogliere il suo invito e non ci siamo impegnati adeguatamente con tutte le forze. Progettare il futuro significa anche conoscere la dottrina sociale della Chiesa. Sono stati organizzati gli incontri nelle foranie per presentare il documento preparatorio per la 46^ Settimana sociale dei Cattolici Italiani da titolo impegnativo “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Ringrazio coloro che vi hanno partecipato ed hanno offerto il loro contributo di riflessione per stilare il documento conclusivo della diocesi; molti, però, pur sapendo dell’iniziativa, si sono disinteressati. La critica costruttiva è sempre utile e ben accetta; non altrettanto quella facile di quanti non avrebbero titolo trovandosi in posizioni privilegiate. Cristo nel vangelo ci insegna con il rito della lavanda dei piedi che il segno di riconoscimento del cristiano è il servizio ai fratelli, e Paolo VI ha detto che la politica è il più grande gesto di carità. Se è vero che il pane e il vino consacrati sono segno della presenza di Cristo morto e risorto, è altrettanto chiaro che il cristiano, con eguale fede, deve, riconoscere la presenza di Gesù nel fratello. Non avrebbe senso la fede nell’Eucaristia se non si prolungasse nel servizio al prossimo. Questo, che è un impegno per ogni cristiano, diventa criterio di autenticità e giudizio di verità, soprattutto per i cristiani che nella comunità civile rivestono un servizio di autorità. Cristo sa di poter mettere nel cuore di quanti credono e sperano, di quanti agiscono come uomini liberi e responsabili nella vita sociale e civile, la forza e l’energia, l’intelligenza e la passione per affrontare le situazioni che stiamo vivendo. Ripeto di nuovo: è tempo di decisioni, carissimi fratelli e sorelle. Mettendoci insieme, accantonando le rivalità, è possibile invertire la direzione. Il futuro è nelle mani di Dio e di quelle di ognuno di noi. Non è tempo di affidarlo ad altri, ma è ora di riappropriarsene con responsabilità sapendo che vivere è impegnarsi. Mi rattrista constatare che un presidio ospedaliero come il “San Francesco Caracciolo”, del quale ho potuto verificare personalmente in tante occasioni l’importanza vitale per le popolazioni del Molise alto, oggi debba avviarsi verso un depauperamento pesante nei servizi. Questo credo non lo voglia la Chiesa diocesana, né alcuno tra gli abitanti di questa amata terra. Le popolazioni della diocesi vivono un momento di particolare tensione a causa della contrazione di tanti servizi che rischiano di creare da noi il deserto economico e demografico. Noi vogliamo testimoniare che questa Chiesa diocesana è vicina in modo forte ai bisogni della gente e che sarà sempre al loro fianco nella difesa di quei diritti fondamentali di cui parlavamo prima. àdiocesana e per le sue scelte difficili, che affidiamo nelle mani della Beata Vergine Maria qui venerata con il titolo di Madonna di Costantinopoli». + Domenico Angelo Scotti Vescovo
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