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CARACCIOLO, I MEDICI RESPINGONO LE ACCUSE DI VOLER CHIUDERE L'OSPEDALE

"Lavoriamo in condizioni precarie. Mancano siringhe, garze ecc.". Pescetelli della Medicina: "O si risolvono le criticità o tra sei mesi la struttura non esisterà più"

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AGNONE - Se l’ospedale San Francesco Caracciolo continua ad erogare servizi (seppur in maniera ridotta) il merito va solo ed esclusivamente ai medici e al personale infermieristico che lavorano in condizioni assai precarie. Al teatro Italo Argentino ci sono tutti (o quasi) i camici bianchi che hanno fatto la storia della struttura sanitaria altomolisana nata ufficialmente nel ’52. C’è il chirurgo Armando Falasca da 33 anni in corsia, c’è il primario di Medicina, Giovanni Di Nucci, il responsabile di Anestesia, Franco Paolantonio, Domenico Meo del laboratorio Analisi, Piero Pescetelli sempre della Medicina, Domenico Consilvio di Pediatria, il primario Luigi Falasca della Ginecologia, Giuseppe Palonatonio, primario di Radiologia, Daniele Cerimele di Ortopedia. Non cercano medaglie, attestati di stima o monumenti. Ci mancherebbe! Sanno perfettamente che quello è il loro lavoro e desiderano continuarlo a fare. Tuttavia pretendono e, non transigono, i requisiti minimi per operare in sicurezza. “Ad oggi non ci sono garze, siringhe, guanti perché la Farmacia di Isernia non li manda”, denuncia Giuseppe Di Nucci, che numeri alla mano enuncia le prestazioni offerte dal suo reparto che superano quelle del ‘Veneziale’. Signori, questo non è campanilismo ma la realtà. Sono i fatti di una struttura che funziona(va) come una clinica svizzera, che non ha mai chiesto di più di quel 6% del fondo sanitario regionale che gli spettava di diritto. Conti in rosso ad Agnone non sono mai esistiti, eppure.... In una sala stracolma la gente è arrivata anche dai centri limitrofi. Perché l’ospedale non è di Agnone ma di tutto il comprensorio, sia ben chiaro. In platea si scorgono infermieri e quelli andati in pensione, il sindaco di Capracotta, Antonio Monaco, il consiglere regionale del Pd Michele Petraroia e Candido Paglione, e ci sono pure due ex colonne portanti della struttura quali don Ercole Marinelli e don Marino D’Onofrio. Ascoltano attentamente le relazioni dei colleghi. Ancora Di Nucci mette in evidenza le maggiori criticità che esistono. Si parla del laboratorio Analisi che dipende da Isernia e lavora con un personale ridotto all’osso, Radiologia che garantisce il servizio solo per 15 giorni al mese perché mancano i medici, per non parlare di Ortopedia. Daniele Cerimele, l’unico ortopedico rimasto si sobbarca 25 reperibilità al mese e, malgrado gli abbiano smantellato il reparto (una volta c’erano quattro posti letto), continua a ricoverare e lo farà fino a quando non lo bloccheranno fisicamente, giura. Sul palco sale pure Domenico Consilvio che dopo 37 anni di Pediatria quasi con le lacrime agli occhi dice: “Volevo restare, ma l’Asrem mi ha messo in pensione forzatamente”. “Salvare una vita umana non ha prezzo”, tuona il direttore di Anestesia, Franco Paolantonio che velatamente anticipa che tra non molto abbandonerà la struttura. Anche lui come Falasca andrà ad Isernia. Lo scippo continua... “O risolviamo le criticità o il Caracciolo tra sei mesi è bello che andato” chiosa Pescetelli. Nel frattempo Nunzia Zarlenga, del ‘Cittadino c’è...’, promotrice dell’incontro legge due messaggi di altrettanti medici impossibilitati ad intervenire. Si tratta del reumatologo, Franco Paoletti a Rimini per un convegno e del pediatra, Italo Marinelli trasferitosi a Perugia dopo la chiusura del punto nascita. Il primo denuncia di essere stato l’ideatore di un innovativo progetto che l’ospedale di Termoli ha fatto suo (nonostante non esiste uno specilista...), l’altro sprona tutti a non arrendersi, perché scrive “la macchina del fango non vi fermerà, mi mancate...”. Volano applausi anche all’indirizzo di don Francesco Martino, direttore della Pastorale sanitaria della diocesi, quando illustra per l’ennesima volta dove occorre intervenire. “Reintegrare gli organici e gli incentivi, stanziare fondi per nuove apparecchiature – sottolinea – elementi basilari che con un Pronto soccorso h24 garantirebbero quel diritto sancito dalla Costituzione”. Il tutto – secondo don Francesco Martino – con una spesa non superiore a un milione di euro. L’operazione verità è alle battute conclusive. Peccato che in platea a parte il dirigente amministrativo, Giovanni Presutti non ci sono né Iorio, né Percopo, né la Mastrobuono, nè Selvaggi, nè Paglione, né l’assessore Marinelli (De Vita dicono i suoi adepti arriverà). Tutti assenti ingiustificati. * FOTOSERVIZIO A CURA DI FRANCESCO AZZI
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